Dysmenorrhea
Diseases

Author: anna maria modaffari
Date: 13/01/2009

Description

Dysmenorrhea

Anna Maria Modaffari e Laura Delbosco

La dismenorrea o mestruazione dolorosa è un’alterazione mestruale accompagnata da disturbi generali e locali e da dolori, che interessano in genere la regione pelvica e l’addome e non va dunque confusa con quei sintomi fisiologici, generalmente di tipo crampiforme, gestibili, al più, con un blando antidolorifico. La dismenorrea, come ben sanno le donne che ne soffrono, è ben altra cosa e, nei soggetti interessati, mina di molto la performance di chi ne è affetto; motivo per cui, questa sindrome, va sicuramente curata. Per quanto riguarda l’epidemiologia di questa patologia si può dire che il 50% delle donne soffre di dolori mestruali fisiologici e ben il 10% invece di vera a propria dismenorrea con impedimento delle normali attività quotidiane.

CLASSIFICAZIONE

Parlando di dismenorrea, assume quanto mai importanza la sua classificazione, dovendosi distinguere una forma non associata a patologie insorte della sfera ginecologica, in questo caso parliamo di dismenorrea primaria, così come si parla di dismenorrea secondaria in tutte quelle forme in cui la mestruazione dolorosa sia la conseguenza di malattie che traggano origine da stati morbosi a carico dell’apparato ginecologico, di queste, particolare significato clinico assumono le endometriosi , le infiammazioni alla pelvi, i fibromi uterini, le cisti ovariche, le eventuali malformazioni congenite, solo per citare alcuni dei fattori che hanno riflesso sulla dismenorrea.

DIAGNOSI

Fare una diagnosi precisa di dismenorrea implica un’anamnesi accurata che non prescinde dall’epoca d’insorgenza della prima mestruazione dolorosa, atteso che, diverso è il caso di una dismenorrea iniziata col menarca, di una verificatasi diversi mesi dopo la prima fisiologica mestruazione, potendosi, già da questo, orientare verso una distinzione netta del tipo di dismenorrea, da primaria a secondaria. Sarà lo specialista, cui si consiglia di ricorrere in caso di dismenorrea, ad escludere una eventuale forma secondaria; generalmente, un’anamnesi accurata, eventualmente seguita da una laparoscopia, è sufficiente a stabilire l’esatta natura del disturbo.

SINTOMI

I sintomi della dismenorrea primaria sono, in prima istanza, il dolore, che può raggiungere intensità elevatissima, addirittura c’è chi lo associa a quello da parto, e, generalmente, ha sede nel punto più basso dell’addome, talora irradiandosi internamente alle cosce e, posteriormente, alla schiena. Nella maggior parte dei casi, l’esordio del dolore precede di alcune ore la mestruazione e ha il suo picco il primo giorno ed eventualmente il secondo, tendendo a scemare dal terzo giorno in poi. Al dolore può essere associata nausea, diarrea, mal di testa, in alcuni casi persino vomito, vertigini, perdita di forza, inappetenza e, in rari casi, anche svenimenti e collassi.

Il dolore psicogeno

Da segnalare che l’origine del dolore mestruale è stata oggetto di lunghi studi negli anni che, nel passato, hanno finito per ricondurlo verso un dolore psicogeno, insomma, secondo le vecchie conoscenze, il dolore nasceva dalla paura o dal rifiuto della donna verso la mestruazione stessa. Atteso che così non è, almeno nella normalità dei casi, vero è anche che, quando la dismenorrea diventa un appuntamento insopportabile, possa caricarsi di eventuali reazioni psicologiche individuali fino a sfociare in una vera e propria psicopatologia.

Il ruolo delle “prostaglandine”

Alla luce delle conoscenze invece acquisite, oggi si è certi nello stabilire che la dismenorrea primaria è sempre associata a ovulazione e che il dolore è provocato dalle contrazioni esagerate uterine a seguito di elevato rilascio di prostaglandine.
Le prostaglandine influenzano importanti eventi fisiologici: dalla coagulazione del sangue al mantenimento del bilancio elettrolitico; dalla protezione delle mucose gastriche all’azione sul meccanismo dell’infiammazione (determinano l’ampiezza e la durata della reazione infiammatoria regolando a livello locale l’irrorazione sanguigna e controllano la permeabilità vasale consentendo la formazione di essudati). L’interferenza con il metabolismo delle prostaglandine infatti è il principale meccanismo d’azione dei farmaci antinfiammatori. Inoltre modulano la risposta immunitaria (mobilitazione dei macrofagi e dei e leucociti).
All'interno dello stesso gruppo, però, esistono differenze fondamentali: ad esempio le PGE di prima e terza serie (PGE1 e PGE3) sono vasodilatatrici, regolano la coagulazione, abbassano il colesterolo LDL, aumentano il colesterolo HDL, svolgono azione antinfiammatoria. Quelle di seconda serie (PGE2) hanno l'effetto opposto: causano ritenzione idrica, aggregazione piastrinica, infiammazioni, aumento della pressione sanguigna.
Quelle più studiate per i loro effetti sulla salute sono proprio le PGE1 e PGE2 che derivano dai grassi omega 6, il cui capostipite è l'acido linoleico (LA) e le PGE3 che provengono dai grassi omega 3, il cui capostipite è l'acido linolenico (LNA).
Come si formano? Le prostaglandine PGE1 e PGE2 vengono prodotte a partire da LA, che si trasforma in acido gamma-linolenico (GLA) grazie all'attività enzimatica della delta-6-desaturasi e della elongasi. Il GLA si trasforma a sua volta in acido diomogamma-linolenico (DGLA) grazie a una elongasi e poi in acido arachidonico (AA) ad opera dell'enzima delta-5-desaturasi. Il DGLA si trasforma in PGE1 e l'AA in PGE2.
In modo analogo da LNA, grazie a elongasi e delta-6-desaturasi, si forma l'acido eicoisapentenoico (EPA) che a sua volta, tramite delta-5-desaturasi, produce acido docosaesaenoico (DHA). EPA è diretto precursore delle PGE3.
La desaturasi inserisce un doppio legame al posto di uno saturo in punti precisi della catena dell´acido grasso, mentre l'elongasi aggiunge atomi di carbonio allungando la catena. In tal modo viene modificata la molecola dell'acido grasso che così assume nuove proprietà specifiche sia funzionali che strutturali.
Il meccanismo è comunque più articolato e il sistema è autoregolato. Infatti la trasformazione da GLA a DGLA avviene grazie al delta-6-desaturasi. L'LA e l'LNA entrano in competizione per l'utilizzazione di questo enzima. Quindi l'LNA inibisce la produzione di DGLA e quindi di PGE1. Invece La trasformazione da DGLA a AA avviene grazie all'enzima delta-5-desaturasi. L'EPA utilizza l'enzima per produrre DHA inibendo la produzione di AA (prodotto da DGLA con lo stesso enzima), e quindi inibisce la produzione di PGE2. AA produce però anche la PGI2 che agisce in modo simile alla PGE1.
Da un punto di vista nutrizionale potremmo dire, semplificando, che assumendo più LNA indirettamente (poiché LNA produce EPA) inibiamo anche la produzione di PGE2, cioè quelle pro-infiammatorie e ad azione vasocostrittrice e ipertensiva. Ma, come già avevamo detto nei post precedenti, sappiamo che la produzione di prostaglandine dipende da altri cofattori vitaminici e minerali, e dalle proporzioni tra i vari tipi di grassi.

TERAPIA

La terapia della dismenorrea primaria sarà dunque orientata verso quei farmaci che inibiscano il rilascio delle prostaglandine, oppure di altri che siano in grado di arrestare l’ovulazione, ciò associato a norme igieniche e dietetiche appropriate. Se la terapia dell’affezione dovrà basarsi sugli inibitori di questi importanti mediatori chimici ci si chiede se questi agiscano per via dell’azione analgesica di cui sono dotati o per via delle inibizione che son capaci di provocare o per entrambe le due funzioni; la moderna medicina propende per quest’ultima ipotesi.
Essendo compito del medico stabilire il tipo di approccio terapeutico da adottarsi, di volta in volta, si tralascia, volutamente, la scelta della molecola più adatta per questo tipo di affezione, ricordando che sulla dismenorrea agiscono al meglio tutti gli antinfiammatori non steroidei, anche noti come FANS a partire dall’aspirina. Tuttavia, lo specialista potrà anche orientarsi, a fini terapeutici, verso l’utilizzo della “pillola”, oltretutto questa era la terapia d’elezione prima che si conoscesse la proprietà che gli antinfiammatori, non steroidei, avevano sull’inibizione del rilascio delle prostaglandine e la pillola ha in sé questa caratteristica, associata ad una riduzione del volume del sangue mestruale e nella soppressione dell’ovulazione, caratteristica, questa, prioritaria del contraccettivo orale che, quando non vi siano controindicazioni al suo utilizzo, agisce bene nel 90% dei casi, potendosi, quasi sempre, associare ad un qualsiasi altro inibitore delle prostaglandine.
Come si vede, oggi si è in grado di controllare la dismenorrea efficacemente con i farmaci in possesso della moderna medicina, quasi tutti di facile utilizzo e con eventuali effetti collaterali facilmente controllabili. Da ciò si evince che, rimandare, sine die, il ricorso allo specialista per una visita volta, ai primi sintomi di una sindrome mestruale dolorosa, è insensato e, fin’anche rischioso, ancor di più, laddove, spesso a insaputa della paziente, vi sia la possibilità che dietro ad essa si celi una patologia a carico dell’apparato ginecologico, di più difficile approccio diagnostico e terapeutico; motivo per cui, come le madri dovranno intercedere sulle figlie ai primi sintomi di una dismenorrea, le stesse dovranno recarsi a visita ginecologica, a maggior ragione, quando la conoscenza con questa sintomatologia dolorosa si sia fatta nel corso degli anni.
Nel caso, infine, di una dismenorrea secondaria, sarà compito dello specialista diagnosticare l’eventuale patologia di cui la mestruazione dolorosa sia espressione e su quella agire al fine di curare, indirettamente, la dismenorrea stessa.
I farmaci utili per questa patologia sono a base di Ibuprofene ( Algofen ) o di Paracetamolo ( Tachipirina ).

Algofen si presenta sottoforma di compresse rivestite da 200 mg; la dose consigliata è di 1-2 compresse 2-3 volte al giorno per i primi 2-3 giorni del ciclo mestruale doloroso.

Oltre ai farmaci antinfiammatori non-steroidei ( FANS ), altri trattamenti che hanno dimostrato una certa efficacia per questo tipo di disturbo sono la Vitamina B1 e il Magnesio sottoforma di preparati da assumere circa 7-10 giorni prima del ciclo.
Mag2 contiene saccarosio.

L’efficacia del Magnesio ( Mag2 ) è legata alla sua capacità di agire sulla contrattilità della muscolatura uterina, rilassando i muscoli e riducendo dolori che caratterizzano la mestruazione dolorosa.
Quando i disturbi sono molto intensi e debilitanti e sono accompagnati da febbre, anche alta, è necessario contattare il ginecologo

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