Psoriasis is a chronic inflammatory skin disease affecting 2-3% of the population worldwide.
Over the past decade, multiple studies have shown that not only is there an association between psoriasis and psoriatic arthritis, depression, and substance abuse, but psoriasis patients also have a higher incidence of obesity, diabetes, heart disease and stroke.
The systemic inflammation in psoriasis generates elevation of C-reactive protein, homocysteine, and inflammatory cytokines such as TNF-α, IL-6, IL-17, IL-20, IL-22, and IL-23, which may contribute to the overall morbidity and mortality in these patients. psoriasis: comorbidities and associations, 2011
Il TNF-α è un polipeptide di 17 kD coinvolto soprattutto nella regolazione della risposta immunitaria innata. Le sue azioni sono molteplici: stimola la produzione di
citochine pro-infiammatorie, induce l’espressione di molecole di adesione sulla
superficie cellulare, incrementa le proprietà fagocitiche e battericide dei macrofagi, e
attiva l’apoptosi attraverso il legame con i recettori di membrana TNF-R1 (p55) e
TNF-R2 (p75). Il TNF-α è prodotto da diverse cellule, tra cui i cheratinociti e le cellule di Langerhans della cute, motivo per cui si ritiene che il TNF-α possa contribuire alla patogenesi della psoriasi sia attraverso l’induzione e il mantenimento dell’infiammazione, che tramite la stimolazione della mitosi cheratinocitica (iperproliferazione e ridotta differenziazione dei cheratinociti). comorbità nella psoriasi:sindrome metabolica,2010-2011
Several recent studies have found an increased prevalence of non-alcoholic fatty liver disease(NAFLD) within psoriasis patients. The exact pathophysiological mechanisms behind these observations are unclear, but are likely related to the high prevalence of obesity and metabolic syndrome within this patient population. Chronic inflammation, mediated by either proinflammatory adipokines or skin-derived cytokines, may contribute to fatty liver disease development by increasing insulin resistance which in turn promotes hepatic lipid accumulation. These same adipokines in addition to hepatic cytokines may act on the skin to influence psoriasis disease severity.
Psoriasis and non-alcoholic fatty liver disease,2010
La steatosi epatica consiste in un accumulo di grasso, principalmente sotto forma di trigliceridi, in una quantità superiore al 5% del peso del fegato.
Le steatosi epatiche non alcooliche (non-alcoholic fatty liver diseases – NAFLD) raggruppano diverse entità anatomo-patologiche che hanno in comune l’evidenza di steatosi epatica in presenza o assenza di un consumo “insignificante di alcool”.
L’associazione di una steatosi epatica con lesioni istologiche caratterizzate da flogosi, necrosi, fibrosi d’intensità variabile realizza il quadro definito della steatoepatite non alcolica (non-alcoholic steatohepatitis – NASH) che si riscontra con maggior frequenza intorno ai 50-60 anni con prevalenza del sesso femminile (65-83%).
La NASH quindi si distingue dalle altre NALFD per la possibilità di evocare un processo fibrotico evolutivo fino alla cirrosi.
OBESITA’
La prevalenza delle NAFLD negli obesi (definiti con BMI>30 kg/m) è più elevata rispetto alla popolazione generale. In effetti la prevalenza della NAFLD risulta essere del:
* 10-15% nelle persone senza sovrappeso
* 60-95% nelle persone obese.
Allo stesso modo la NASH presenta una prevalenza diversa negli obesi rispetto ai normopesi:
* 3% nelle persone senza sovrappeso
* 15-20% nelle persone obese
Per quanto attiene allo sviluppo di una NASH riveste importanza la particolare distribuzione
del tessuto adiposo piuttosto che la quantità totale di massa adiposa. In questo senso è importante l’obesità addominale, definita come circonferenza alla vita ≥102 cm nei maschi e ≥88 cm nelle femmine, in quanto associata a diverse componenti della sindrome metabolica . Il grasso viscerale è un fattore predittivo di steatosi e la misura del rapporto vita/fianchi correla con il grado di steatosi epatica.
La circonferenza ai fianchi riflette sia il tessuto adiposo sottocutaneo addominale che il tessuto adiposo viscerale addominale il quale è considerato il principale determinante delle complicanze metaboliche e cardiovascolari dell’obesità. la steatosi epatica non alcolica,2007
Obesity reflects a generalized proinflammatory state with its increased inflammatory markers like C reactive protein, IL-6, IL-8, IL-10, PAI-1(plasminogen activator inhibitor-1), TNF-α, and hepatocyte growth factor. The elevated production of these adipokines is increasingly considered to be important in the development of diseases linked to obesity and the metabolic syndrome. Disordered cytokine production is likely to play a role in the pathogenesis of NAFLD. There is no effective treatment for NAFLD, though weight loss may halt disease progression and revert histological changes, the underlying mechanism remaining elusive.
Obesity, Visceral Fat, and NAFLD: Querying the Role of Adipokines in the Progression of Nonalcoholic Fatty Liver Disease, 2011
Experimental data have shown that inflammation in NASH is caused by insulin resistance, systemic lipotoxicity due to overnutrition, lipid metabolites, the production of proinflammatory cytokines and adipokines by visceral adipose tissue, gut-derived bacteria, and oxidative stress.
Inflammation and fibrogenesis in steatohepatitis
La resistenza insulinica può essere una condizione genetica, indipendente dall’indice di massa corporea (BMI), ma più spesso si tratta di una condizione acquisita legata all’aumento del grasso viscerale, generata da stili di vita sedentari e da eccessivo apporto calorico.
È verosimile che le due componenti (congenita e acquisita) abbiano nei vari casi un peso diverso; lo stile di vita condurrebbe così alla manifestazione fenotipica di genotipi a rischio.
L’insulino-resistenza, liberando la lipolisi e modificando il metabolismo dei grassi a livello epatico, è responsabile di un aumento degli acidi grassi liberi (FFA) nel circolo plasmatico. L’eccesso di lipidi viene captato dal fegato che, in conseguenza dell’iperinsulinemia, non è più in grado di produrre e secernere VLDL. I trigliceridi si depositano allora nel fegato inducendo la comparsa
di steatosi.
Uno dei mediatori dell’insulino-resistenza è il TNF-α,in grado di inattivare la tirosina chinasi del recettore insulinico, con conseguente stimolazione della lipogenesi e promozione della steatosi epatica.
Il TNF-α prende parte nella regolazione di cellule, enzimi mitocondriali e citochine coinvolti nel
processo infiammatorio, contribuendo pertanto all’insorgenza di fibrosi, ed è inoltre coinvolto nel processo di apoptosi degli epatociti. Il TNF-α promuove il danno epatico ed è stata riportata una correlazione tra il valore di TNF-α plasmatico e la severità della NASH.
La leptina, ormone della sazietà prodotto dal tessuto adiposo, potrebbe giocare un ruolo importante nell’accumulo di grassi nel tessuto epatico, così come nel cuore e nel muscolo. La leptina regola il senso di sazietà e il comportamento alimentare in senso anoressizzante e ostacola l’accumulo di grassi nei tessuti non propriamente finalizzati alla riserva energetica.
Tuttavia, alti valori di leptina sono stati riscontrati in pazienti con NAFLD, sia obesi sia normopeso.
Èpresumibile che, in associazione all’insulino-resistenza, si verifichi anche una resistenza alla leptina con conseguente deposito di grassi nel fegato e insorgenza di steatosi epatica.
Tra gli altri mediatori coinvolti nella patogenesi della steatoepatite non alcolica vi è anche l’+adiponectina+.
Questa proteina prodotta dal tessuto adiposo risulta infatti ridotta in caso di insulino-resistenza e obesità.
La sua funzione è quella di inibire la produzione di TNF-α da parte del fegato, e di citochine dell’infiammazione (IL-6) da parte del tessuto adiposo.
L’adiponectina è quindi un modulatore della sensibilità insulinica e assume un ruolo di protezione nell’insorgenza della steatoepatite.
La proteina C-reattiva (PCR) è classicamente una proteina di fase acuta che viene prodotta a livello del fegato in risposta a stimoli flogistici. E’ stato dimostrato che vi è una produzione di PCR anche negli adipociti del tessuto adiposo umano come risposta a citochine infiammatorie (IL-6, IL-1β).
L’accumulo di lipidi a livello epatico è da solo responsabile di un’attivazione del processo infiammatorio che viene in seguito amplificato dalla perossidazione lipidica a opera degli enzimi mitocondriali. Nei pazienti con NASH, inoltre, sono state riscontrate anormalità a livello mitocondriale, caratterizzate dalla presenza di inclusioni paracristalline, peraltro non presenti negli individui con sola steatosi epatica, che sarebbero responsabili di una maggiore attività perossidativa. Si instaura pertanto una sorta di stress ossidativo cronico che induce una deplezione degli agenti antiossidanti con conseguente eccesso di radicali liberi dell’ossigeno e insorgenza di danno degli epatociti.
Infine, la presenza di un eccesso di ferro a livello epatico, caratteristico di molti pazienti NAFLD, può rappresentare un cofattore per lo stress ossidativo.
La dieta ipocalorica come terapia per NASH e psoriasi
Obiettivo primario della terapia per la NASH è la modificazione dei fattori patogeneticamente implicati nell’insorgenza di NAFLD, quali l’insulino-sensibilità, l’accumulo di tessuto adiposo e la perossidazione lipidica; seguono poi la gestione delle patologie associate e la prevenzione della progressione del quadro epatico.
Il primo approccio prevede un’attenzione particolare allo stile di vita, che includa dieta ed esercizio fisico.
Nei soggetti in sovrappeso od obesi, una dieta ipocalorica con induzione di un calo ponderale > 5-10% del peso corporeo è da sola in grado di provocare una riduzione delle transaminasi e del volume epatico.
Tuttavia, bisogna fare attenzione ai regimi calorici troppo restrittivi, poiché una perdita di peso
troppo rapida (> 1,6 kg/settimana) porta a peggiorare il quadro epatico e il rischio di litiasi biliare. Un calo ponderale troppo veloce promuove, infatti, una consistente mobilizzazione di grassi dal tessuto adiposo e da qui al fegato attraverso la vena porta.
la steatosi epatica non alcolica:una patologia di interesse metabolico,2004
As regards the therapy of psoriasis, experimental data have shown that obese patients with moderate-to-severe psoriasis increase their response to low-dose cyclosporine(attività immunosoppressiva) if a calorie-controlled diet is included in the treatment regimen. Lifestyle modifications, including a low-calorie diet, may supplement the pharmacologic treatment of obese psoriasis patients. Diet and weight loss as a treatment for psoriasis?,2010
Questo è dimostrato anche da alcune ricerche italiane presentate durante l'84° congresso nazionale della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse nel 2009. I dermatologi hanno rivelato infatti che quattro pazienti con psoriasi su cinque hanno problemi al fegato, il 30 per cento soffre di sindrome metabolica, ovvero è sovrappeso o obeso e ha colesterolo, pressione e glicemia elevati. Dimagrire aiuta a ridurre i sintomi della psoriasi nel 70% dei casi.
Al termine degli studi si è osservato che perdere almeno il 10% del peso corporeo significa diventare più sensibili ai farmaci utilizzati contro la psoriasi: basta usare una dose inferiore di ciclosporina per ottenere lo stesso effetto di remissione dei sintomi. Tutto dipende dal grasso, soprattutto quello addominale: è infatti una fonte di mediatori dell'infiammazione che possono favorire la comparsa e il perdurare della psoriasi.
La psoriasi si cura anche con la dieta,2009