Hypertension news
News (Medical)

Author: monica mangioni
Date: 24/01/2008

Description

Calcio e vitamina D non alterano la pressione
L'integrazione giornaliera di calcio e vitamina D con la dieta per sette anni non riduce la pressione ne' altera il rischio di sviluppare ipertensione nelle donne in età postmenopausale. In precedenza dati epidemiologici e piccoli studi clinici di breve durata avevano suggerito che l'integrazione del calcio, con o senza vitamina D, potesse esercitare un effetto ipotensivo. La questione comunque è ben lontana dall'essere risolta definitivamente: sono necessari studi randomizzati e controllati in doppio cieco su pazienti non trattati, che facciano uso di dosi elevate di vitamina D3 e focalizzati sull'ipertensione come esito primario, per gettarvi una luce più netta. (Hypertension 2008; 52: 847-55)

L'ipertensione dura una vita
La meta-analisi degli studi sul monitoraggio della pressione rivela che una pressione elevata durante l'infanzia è associata allo stesso fenomeno in età adulta, e che è importante intervenire precocemente. La pressione alta dunque permane dall'infanzia all'età adulta, e rilevarla in un bambino aiuta a prevederla nell'adulto. I tassi persistentemente elevati di malattie cardiovascolari nelle zone sviluppate e la crescente epidemia di malattie cardiovascolari ed ipertensione, insieme alla montante epidemia di obesità nei bambini, supportano l'importanza di proseguire la ricerca focalizzando l'attenzione sul monitoraggio pressorio. Quando è possibile, le modifiche dello stile di vita sono da preferirsi rispetto ai medicinali per il controllo della pressione di un giovane sino a livelli desiderabili. Una dieta sana ed un grado adeguato di esercizio fisico possono anche aiutare a ridurre il rischio di sviluppare molte altre malattie croniche quali obesità, diabete di tipo 2, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari. Anche i bambini possono avere una pressione elevata, e dai tre anni in su sarebbe opportuno effettuarne misurazioni annuali. (Circulation online 2008, pubblicato il 18/6)

Pressione predice diabete in donne sane
La pressione di base e la sua progressione sono forti fattori predittivi indipendenti di diabete di tipo 2 in donne inizialmente sane. Nonostante la stretta correlazione fra ipertensione e diabete di tipo 2, erano finora disponibili scarse informazioni sulla correlazione fra livelli pressori e susseguente sviluppo del diabete: l'accertamento di questa correlazione può essere importante, in quanto implicherebbe il monitoraggio dei livelli glicemici nei pazienti con valori pressori in aumento. Il presente studio ha accertato la correlazione, indipendentemente da BMI ed altri parametri afferenti alla sindrome metabolica: i medici dovrebbero esserne consapevoli per ottimizzare la gestione dei pazienti a rischio di patologie cardiovascolari. ( EurHeart J online 2007, pubblicato il 9/10 )

Trattare la disfunzione erettile abbassa la pressione
La pressione sistolica risulta significativamente diminuita negli uomini ipertesi che ricevono un trattamento per disfunzione erettile; inoltre, una volta che tale disturbo viene trattato, questi uomini sembrano più propensi a gestire meglio la propria ipertensione. La disfunzione erettile è una patologia diffusa e predittiva di futuri disturbi cardiovascolari: lo screening ed il trattamento di questa malattia possono migliorare la gestione dei fattori di rischio cardiovascolare. E' possibile espandere la ricerca per vedere se altri farmaci utili a migliorare la qualità della vita abbiano o meno effetti simili su altre patologie: spesso questi farmaci rappresentano costi eccessivi per il sistema sanitario e mancano della capacità di limitare esiti gravosi, ma quando i pazienti sono motivati a ricercare il trattamento medico per sintomi penosi, si ha l'opportunità di trattare altre patologie mediche spesso asintomatiche. In generale, gli uomini ricercano di meno l'attenzione medica per la prevenzione di routine rispetto alle donne, e la disfunzione erettile presenta un'opportunità preziosa per il medico in questo senso. ( Am J Cardiol 2007; 100: 459-63 )

Caffè aumenta rischio trattamento antiipertensivo
Il consumo di caffè incrementa il rischio di trattamento farmacologico antiipertensivo in quantità lievi-moderate. Soltanto due studi prospettici in precedenza avevano investigato l'associazione fra consumo di caffè ed ipertensione incidente, ed i loro risultati sono stati equivoci. Rispetto a molte altre popolazioni, quella finlandese, su cui è stato effettuato lo studio, presenta un'elevata prevalenza di ipertensione, e pertanto ricerche sui potenziali effetti sulla salute del consumo di caffè in questa popolazione risultano di particolare interesse. Altri studi più ampi hanno dimostrato che non è possibile considerare il consumo di caffè come uno dei principali fattori di rischio di ipertensione, ma anche un rischio limitato può essere importante per la salute pubblica perché il caffè è la bevanda più consumata in assoluto dopo l'acqua, e l'ipertensione è un problema sanitario importante in tutto il mondo. D'altro canto, dato che il consumo di caffè sembra ridurre il rischio di diabete di tipo 2, la correlazione fra caffè e malattie cardiovascolari è complicata, e sono necessari ulteriori studi in materia. ( Am J Clin Nutr 2007; 86: 457-64 )

Ipertensione nei bambini

Aldosteronismo: trattamento migliora esiti
I pazienti con aldosteronismo primario presentano un rischio quadruplicato di eventi cardiovascolari rispetto ai soggetti che hanno solo ipertensione essenziale, ma il trattamento tempestivo con la chirurgia o un antagonista dell'aldosterone riporta indietro il rischio ai livelli della sola ipertensione. Dato che le prime ricerche sull'aldosteronismo primario avevano riportato una bassa incidenza di eventi cardiovascolari, questa forma di ipertensione è sempre stata considerata relativamente benigna, ma dati più recenti indicano che l'esposizione a lungo termine ad elevati livelli di aldosterone possono portare a danni cardiovascolari sostanziali, indipendentemente dalla pressione. L'età giovanile ed una più breve durata dell'ipertensione sono fattori predittivi indipendenti di esiti migliori, ed è pertanto particolarmente importante che l'aldosteronismo primario venga identificato precocemente e trattato in modo appropriato. (Arch Intern Med. 2008; 168: 80-5)

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