Omocisteina e Iperomocisteinemia (Catalano R., Rosso V., Spaccamiglio A.)
Diseases

Author: valentina rosso
Date: 22/10/2007

Description

Definizione dell’Omocisteina

L’omocisteina è un aminoacido non proteico prodotto dal metabolismo della metionina, un’aminoacido solforato essenziale che viene introdotto nel nostro organismo con la dieta.

Metabolismo dell’Omocisteina

Il metabolismo dell’omocisteina può seguire due vie (Fig.1):

via della rimetilazione: utilizza gli enzimi metionina-sintasi, metilenetetraidrofolatoreduttasi (MTHFR), betaina-sintasi e ha come catabolita finale la metionina. In tale via l’omocisteina può essere ri-metilata a metionina mediante due processi. Nel primo, in cui è fondamentale l’acido folico, la reazione chiave avviene grazie all’enzima MTHFR che riduce il 5,10-metilene-tetraidrofolato a 5-metiltetraidrofolato; quest’ultimo fornirà poi, in presenza di un coenzima, la vitamina B12, il gruppo metilico necessario per la riconversione dell’omocisteina in metionina. Nel secondo processo invece la reazione di rimetilazione è svolta dall’enzima betaina-sintasi che produce metionina catalizzando il trasferimento di un gruppo metilico dalla betaina all’omocisteina.

via della transulfurazione: sfrutta l’enzima cistationina--sintasi e ha come prodotto finale l’aminoacido cisteina. La cistationina--sintasi, coadiuvata dal coenzima vitamina B6, catalizza la reazione di condensazione tra omocisteina e serina con formazione di cistationina che successivamente viene degradata a cisteina.

Mentre la via metabolica della rimetilazione è attiva per basse concentrazioni di omocisteina e di metionina, la via della transulfurazione entra in gioco quando le concentrazioni dei due aminoacidi aumentano. Inoltre, si pensa che la transulfurazione dell’omocisteina e la sua rimetilazione-betaina dipendente avvengano esclusivamente nel fegato, e che la via della rimetilazione folato/vitamina B12 dipendente sia l’unica trasformazione metabolica dell’omocisteina operante nei distretti cellulari periferici. Quando si ha la saturazione delle vie metaboliche, l’omocisteina intracellulare in eccesso viene esportata nella circolazione (aumentando così i livelli plasmatici di omocisteina) e lì si lega alle proteine plasmatiche oppure viene eliminata, principalmente dal rene.

Fig.1 Metabolismo dell’Omocisteina

Iperomocisteinemia

Con il termine iperomocisteinemia, si intende la presenza di elevati livelli di omocisteina nel sangue. In Italia, la maggior parte dei laboratori considera normali per gli adulti concentrazioni di omocisteina inferiori a 13 μmol/l per gli uomini e inferiori a 10.1 μmol/l per le donne; per i bambini fino ai 14 anni sono considerate normali concentrazioni inferiori a 11.3 μmol/l.

L’iperomocisteinemia è attualmente considerata un importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari (aterosclerosi coronarica ed infarto miocardico), cerebrovascolari (ictus cerebrale) e vascolari periferiche (trombosi arteriose e venose).
Si stima che le persone con iperomocisteinemia abbiano un rischio circa doppio di sviluppare una malattia cardiovascolare rispetto a chi ha dei valori normali.

Elevati livelli ematici di omocisteina si riscontrano inoltre in alcune malattie (ipotiroidismo, psoriasi, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide) e durante trattamenti con alcuni farmaci (metotrexate, carbamazepina, fenitoina ed isoniazide).

Cause di Iperomocisteinemia

La concentrazione plasmatica di omocisteina è il risultato di una stretta relazione tra le abitudini dietetiche e i fattori genetici predisponenti.

E’ possibile riscontrare elevati livelli di omocisteina nel sangue a causa di una dieta non sufficientemente ricca di acido folico e delle altre vitamine del gruppo B.

L’iperomocisteinemia risulta dunque essere causata da un insieme di più fattori: molti di questi possono essere difficilmente modificati (stati patologici, terapie o condizioni acquisite,...) mentre altri, legati a determinati stili di vita, sono invece modificabili (tabagismo, eccessivo consumo di caffè e di bevande alcoliche, alimentazione non equilibrata, ridotta attività fisica,...). Pertanto l’astensione dal fumo, la riduzione del consumo di caffè e di bevande alcoliche, variazioni nella dieta e supplementazione vitaminica (specialmente Vit. B6, B12, e folati) possono ridurre i livelli di omocisteina anche in presenza di altre cause.

Valori elevati di omocisteina (10-50 volte) si hanno in errori congeniti del metabolismo allo stato omozigote ed in grado minore allo stato eterozigote di:

1. Deficit di cistationin-beta- sintasi (CBS) il cui gene è posto sul braccio lungo del cromosoma 21: sino ad oggi sono stati riportati 17 tipi di mutazione del gene della CBS. Trasmissione autosomica recessiva. Allo stato omozigote prevalenza 1: 200.000, allo stato eterozigote 0.3-1.5% della popolazione. I valori di omocisteina sono molto più elevati nello stato omozigote rispetto allo stato eterozigote, dove risultano per altro sempre aterogeni. Nello stato omozigote si ha il quadro dell’omocistinuria, perché l’omocisteina si trasforma in omocistina che viene eliminata per via urinaria ed essendo poco solubile porta spesso a litiasi urinaria radiopaca. In questi casi sono presenti complicanze tromboemboliche in giovane età, con un rischio superiore al 50 % a partire dai 30 anni di età. Tali complicanze possono portare ad ictus, ad infarto miocardico, ad ipertensione renovascolare, a claudicatio intermittens, ad ischemia mesenterica, ad embolia polmonare. E’ presente una aterosclerosi prococe diffusa, comportante elevata morbilità e mortalità.

2. Deficit di 5-10-metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR), il cui gene è sito sul braccio corto del cromosoma 1. Molto frequente (prevalenza del genotipo omozigotico dell’ 8-15% della popolazione e fino al 65% della popolazione nel genotipo eterozigotico), trasmissione autosomica recessiva, variabile grado di assenza (80-100%) o variante termolabile dell’enzima. Sono state descritte molte mutazioni di questo gene: la mutazione del gene 667 C—-T comporta sintesi di alanina al posto dell’aminoacido valina. Ciò causa diminuzione dell’attività enzimatica specifica, aumentata termolabilità, elevati valori plasmatici di omocisteina: questa mutazione emerge tuttavia come fattore di rischio cardiovascolare solo in soggetti con basso status di folati. Ciò sottolinea l’importanza, nella prevenzione e nella terapia, dell’apporto nutrizionale di acido folico, il cui deficit risulta un cofattore patogeno necessario.

3. Deficit di metionin-sintetasi, da carenza di vitamina B12.

Omocisteina e danno vascolare

I meccanismi con cui l’omocisteina plasmatica provoca danni a livello vasale non sono ancora del tutto noti.
L’omocisteina risulta essere altamente lesiva per l’endotelio: con il passare del tempo questa istolesività aumenta fino a provocare la trombosi. Inoltre, sembra che l’omocisteina da una parte antagonizzi la sintesi e la funzione dell’ossido nitrico endoteliale, riducendo in tal modo l’azione vasodilatante ad esso legata, e, dall’altra, provochi la formazione dell’anione superossido (O2-) precursore del radicale citotossico perossinitrito, con conseguente aggravamento dello stress ossidativo.

Un possibile meccanismo attraverso il quale l’omocisteina favorisce l’aterosclerosi potrebbe essere quello legato alla proliferazione delle cellule muscolari lisce, che a sua volta determina un aumento dell’adesione endoteliale con un incremento della deposizione di lipoproteine a bassa densità (LDL) e formazione di cellule schiumose. Inoltre l’omocisteina sembrerebbe agire direttamente sull’attivazione piastrinica con un aumento sia dell’adesione che dell’aggregazione.

Il meccanismo attraverso il quale l’omocisteina porta alla formazione di trombi sembra essere legato all’attivazione del fattore V endoteliale, all’inibizione della proteina C e alla riduzione dell’attività dell’antitrombina III.

Iperomocisteinemia come fattore di rischio cardiovascolare: il caso di atleti agonisti

Le malattie cardiovascolari rappresentano la maggiore causa di morbilità e mortalità nei paesi occidentali. I tradizionali fattori di rischio, come l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, il diabete ed il fumo, non rendono tuttavia ragione di tutti i casi di queste patologie. Nel campo della cardiopatia coronarica, ad esempio, il solo fattore colesterolo risulta non essere la causa in oltre il 35% dei casi. In alcuni soggetti il solo fattore di rischio evidente è una storia familiare di malattia cardiovascolare precoce, spesso tuttavia senza una chiara predisposizione genetica.

Emerge quindi la necessità di identificare altri marcatori di rischio cardiovascolare che accrescano le conoscenze sui meccanismi fisiopatologici della malattia e che permettano lo sviluppo di nuove misure preventive e terapeutiche.

Come già detto, l’iperomocisteinemia costituisce un fattore di rischio cardiovascolare importante ed indipendente: l’aumento della concentrazione plasmatica a digiuno dell’omocisteina, come dimostrato da numerosi studi clinici, è associato ad un incremento del rischio di infarto miocardico, ictus cerebrale, vasculopatia periferica e trombosi. Negli ultimi vent’anni molto interesse ha dunque destato il possibile ruolo dell’aumento dell’omocisteina nel plasma nella patogenesi della malattia cardiovascolare e tromboembolica.

E’ noto che l’attività fisica è in grado di migliorare i fattori di rischio cardiovascolare quali l’incremento delle lipoproteine e l’ipertensione. La massima funzione preventiva dell’attività fisica, dal punto di vista epidemiologico, è stata dimostrata per le malattie cardiovascolari e metaboliche. Numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato che praticare attività fisica può ritardare l’insorgenza di diverse patologie quali il diabete mellito non insulino-dipendente, l’osteoporosi e la sindrome metabolica.

E’ altresì vero che l’attività fisica intensa protratta per lunghi periodi può essere dannosa per la salute dell’atleta. A tal riguardo ben noti sono gli effetti dannosi dello stress psico-fisico derivante dall’attività sportiva agonistica che possono sfociare nella conosciuta sindrome da overtraining. Dati riportati in letteratura hanno evidenziato come l’attività sportiva agonistica aumenti l’incidenza di alcuni stati patologici (es. danno da sovraccarico, exercised induced astma, riduzione dell’immunità, disturbi ormonali, riduzione della fertilità) e sia in grado di rendere manifesti difetti funzionali altresì quiescenti (es. long-QT-syndrome con casi di morte improvvisa).

Negli ultimi anni sono stati condotti alcuni studi per verificare l’esistenza di una correlazione tra attività fisica agonistica e il rischio cardiovascolare. I dati ottenuti sono contrastanti: alcuni lavori indicano una maggiore incidenza del rischio cardiovascolare in atleti d’elite, altri invece riportano una riduzione del rischio in atleti praticanti attività fisica moderata.

Tra i fattori di rischio cardiovascolare indagati, l’omocisteina riveste un ruolo preminente essendo stato evidenziato un suo aumento significativo negli atleti agonisti

Comments
2012-02-15T18:18:15 - Massimiliano Visconti

Three important effects of hyper-homocysteinemia

Introduction
The Treatment of Hyperhomocysteinemia, 2009
Homocysteine (HCY), a sulfur-containing amino acid, is formed as an intermediate during methionine metabolism, an essential amino acid. Nutritional deficiency of the cofactors or genetic mutations and impaired activity of the enzymes (like MTHFR and CBS) in the homocysteine metabolic pathway cause accumulation of plasma homocysteine resulting in hyper-homocysteinemia.
Normal homocysteine concentrations range from 5-15 μmol/l, intermediately omocysteine levels are between 31-100 μmol/l, severely elevated levels are higher than 100 μmol/l. Normal homocysteine metabolism is dependent upon adequate stores of three dietary vitamins: folic acid, vitamin B12 (cobalamin) and vitamin B6 (pyridoxal phospate).

The purpose of this essay is analising three important effects of hyper-homocysteinemia: cardiac-vascular issues, osteoporosis and neuronal cell death. Then briefly this essay deals with hyper-homocysteinemia theraphy.

Cardiac-vascular issues
Hyper-homocysteinemia is an indipendent risk factor for development of thrombosis and atherosclerotic lesions in coronary artery, peripheral arteries and veins. The free forms of plasma homocysteine account for only 20-30% of plasma total homocysteine. Protein-bound homocysteine accounts for 70-80% of plasma total homocysteine in healthy individuals. Homocysteine forms stable covalent disulfide bond with protein cysteine residues in every part of organism.

Homocysteine target proteins Molecular targeting of proteins by homocysteine: mechanistic implications for vascular disease,2010
The main target plasma proteins are albumin, transthyretin and factor Va.
Albumin, the most abudant plasma protein, is the major S-homocysteinylated protein in circulation. The albumine molecule contains 585 amino acids, 35 of which are cysteine residues.
Transthyretin exists as a homotetramer and serves as a carrier protein for the ormone thyroxine. Monomeric transthyretin has a single cysteine residue. This molecule is an amyloid protein and has been implicated in the formation of amyloid deposits. Probably, post-translational modification of transthyretin by homocysteine plays a role in amyloid deposition. It is known that amyloidosis determines diastolic heart failure.
The prothrombinase complex, which includes factor Va, converts prothrombin to thrombin during blood clotting. The clotting process is downregulated by proteolitic cleavage of factor Va by activated protein C. Homocysteinylated factor Va is resistant to proteolitic inactivation by activated protein C: this may explains the thrombotic tendency of patient with hyper-homocysteinemia. This effect is clear in vitro.
The main target matrix and membrane-associated proteins are collagen, fibrillin-1 and annexin II.
Homocysteine affects collagen synthesis and metabolism. Homocysteine stimulates collagen synthesis and accumulation in cultured aortic smooth muscle cells. Increased collagen synthesis and accumulation have also been observed in vivo in animal models of hyperhomocysteinemia. Interestingly, increased collagen deposition has been observed on postmortem examination of hyperhomocysteinemic patients with acute coronary syndrome.
Fibrillins (fibrillin-1, -2, and -3) are extracellular calcium-binding matrix proteins with high cysteine content. Fibrillins form the backbone of microfibrils and serve as a scaffold for the deposition of elastin and assembly of elastin fibers (e.g. in aorta). The autosomal dominant disorder called Marfan syndrome is caused by mutations in the gene for fibrillin-1, and the phenotype of affected patients includes cardiovascular disease. Homocysteine interacts with fibrillin-1, leading to S-homocysteinylation of fibrillin-1 and loss of function of this essential matrix protein.
The anticoagulant phenotype (thromboresistance) of the vascular endothelium is likely to be maintained by its ability to generate plasmin at the luminal cell surface. Plasmin generation is mediated by the calcium-dependent, phospholipid-binding protein annexin II, which serves as a docking protein for plasminogen and tissue plasminogen activator. Homocysteine decreases in the ability of annexin II to bind tissue plasminogen activator by 60–66%, by forming disulfide bound with cysteine residue of annexin II. It is difficult to observe directly the homocysteinylation of annexin II in vivo, but a functional consequence would be higher circulating levels of tissue plasminogen activator.
The main target intracellular proteins are metallothionein, glutathione peroxidase. Homocysteine uptake in endothelial cells Homocysteine transport by human aortic endothelial cells: Identification and properties of import systems, 2010 is mediated by the sodium-dependent cysteine transport system XAG, ASC and A, and the sodium-indipendent transport system L. In cardiovascular cells and tissues the trans-sulfuration pathway is inactive because cystathionine B-synthase is not expressed. Thus, the arterial endothelium may be particularly susceptible to the adverse effects of elevated plasma homocysteine. Without an active transsulfuration pathway to metabolize Hcy, the only routes available for the removal of intra-cellular homocysteine are re-methylation back to methionine or export to the circulation.
Metallothionein (MT) appears as a scavenging reactive oxigen species. When MT is S-homocysteinylated, the ability of MT to scavenge superoxide anion radicals is impaired. In addition, intracellular free Zn++ increases after exposition to homocysteine; Zn++ induces the expression of immediate-early genes such as Egr-1 (early-growth factor response 1). It is significant because consensus sequences for Egr-1 are found in the promoters of various mediators of atherosclerosis, including monocyte chemoattractant protein 1, tissue necrosis factor-α, and intracellular adhesion molecule 1.
Homocysteine induces inactivation of cellular glutathione peroxidase (GPx-1) and this leads to an icrease in ROS and endothelial disfunction. An increase in ROS may leads to apoptosis, inflammation and so atherosclerotic lesions and thrombosis.
Elevated levels of homocysteine determine changes in the normal physical environment of the cell: this can lead to the accumulation of misfolded proteins and cause ER stress. The hallmark of the ER stress response is the coordinate transcriptional upregulation of resident ER proteins that include molecular chaperones and folding enzymes. The other important function of the ER stress response, also known as the unfolded protein response (UPR), is that global translation is blocked. ER stress leads to apoptosis. The ER is the major site of intracellular calcium storage, which appears to play an important role in apoptosis. High ER calcium storage leads to more calcium release and a stronger apoptotic signal. ER stress induces loss of calcium from the ER, which can lead to the generation of ROS through the activation of cyclooxygenases and lipoxygenases. Thus, hyperhomocysteinemia appears to be associated with two independent cellular stress states: ER stress and oxidative stress.

Homocysteine and SDF-1 (Stromal cell-derived factor-1)
Shear Stress Inhibits Homocysteine-Induced Stromal Cell Derived Factor-1 Expression in Endothelial Cells, 2010
In endothelial cells (ECs) hyper-omocysteine induces JNK phosphorylation, which phosphoryles and activates Sp1 and AP-1. They increase their DNA binding activity and promote SDF-1 mRNA expression and SDF-1 secretion. This pathway was found in human umbilical vein endothelial cells and human aortic endothelial cells, but it is beliavable that this pathway is localized in all circulatory system. SDF-1 is a chemochine and plays a significant role in atherosclerotic lesion development, firstly by inducing transendothelial migration of leukocytes. Secondly, it stimulates smooth muscle cell proliferation and migration from media to intima, influencing plaque formation, progression and rupture. SDF-1induces platelet activation, thromboxane production and aggregation via CXCR4 expressed on platelets, suggesting a link with atherothrombosis. The preferential development of atherosclerosis at arterial branches and curvatures, where local flow is disturbed, suggests a role of shear stress in atherogenesis. Fluid shear stress attenuates the homocysteine-induced SDF-1 expressions at mRNA and protein levels, and ECs subjected to shear stress suppress the homocysteine-induced JNK phosphorylation and transcription factor activation. At vessel bifurcations in an arterial tree, disturbed flow accompanied by LSS (low shear stress) predisposes ECs to inflammation in which proinflammatory factors are involved; in contrast, laminar shear stress with a clear direction exerts atheroprotective effects. Homocysteine-induced SDF-1 up-regulation is inhibited in ECs subjected to HSS (high shear stress) with a clear direction. Pre-exposure of ECs to a high level of shear stress inhibits homocysteine-induced signal transduction and SDF-1 expression. It is probably that shear stress exerts his its effect by activating e-NOS, which is costitutive. The activation is mediated by an increase in Ca++ concentration. NOS determines the transformation of L-arginine in L-citrulline, forming NO. This reaction happens only if there is oxygen, BH4 and calcium as cofactors. NO acts as a platelet antiaggregation, a vasodilator, an inhibitor of CAMs; in this case also as a homocysteine-induced-SDF-1-expression inhibitor. Some researchers sustain that hyper-homocysteinemia inhibits e-NOS.

Osteoporosis
There is NOS in a lot of tissues, but in this case it need focusing on the e-NOS of the bone. The bloodstream determines a calcium release from vesicles bounded to cytoscheleton of endothelial cells. In presence of BH4, O2 and Ca++, e-NOS produces NO that has a vasodilatatory action. So more blood can arrive in bone and it is important twice: estrogen is produced by enzyme aromatase and vitamin D is activated. Estrogen helps deposition of bone matrix and vitamin D absorbs calcium in kidney and bowel. It is known that hyper-homocysteinemia can impair NOS function, in particular e-NOS function. Thus bloodstream cannot improve, estrogen and vitamin D are out-of-order and osteoporosis happens due to ipocalcemia and ineffective bone matrix.

Neuronal cell death Homocysteine-NMDA receptor mediated activation of extracellular-signal regulated kinase lead to neuronal cell death, 2010
Elevated homocysteine concentrations in brain may either result from cellular metabolism within the brain itself or by carrier/receptor mediated transport mechanisms across the blood brain barrier. In addition hyper-hocysteinemia compromises the integrity of blood-brain barrier resulting in leakage and exposure of brain cells to higher homocysteine levels. In neurons higher homocysteine induces cell death through activation of NMDA receptors that mediate calcium influx. This ion, by activation of calcium-dependent kinases, leads to rapid and sustained phophorylation of ERK MAP kinase, which is now activated and goes into the nucleus. Induced phosphorylation of CREB, a pro-survival factor, is mediated through ERK MAP kinase but the duration of CREB’s phosphorylation is transient as compared to phosphorylation of ERK. This suggests that in spite of the initial ERK mediated phosphorylation of CREB, homocysteine-dependent NMDA receptor stimulation may activate a feedback loop that shuts off the CREB signaling without affecting phosphorylation of ERK. This in turn facilitates the activation of ERK dependent pro-apoptotic pathways that may eventually lead to neuronal cell death. Generally, ERK MAP kinase is transiently stimulated by neurotrophic factors and neurotransmitters such as glutammate and has been shown to be important in neuronal survival and long-term potentiation. Transient activation of ERK plays a role in neuronal maturation, survival and long-term potentiation, whereas sustained activation of ERK may play a critical role in triggering pro-apoptotic signals and neuronal cell death. Persistent phosphorylation of CREB has been correlated with cell survival and neuroprotection. The apoptotic effect of hyper-homocysteinemia may be an induction to develop Alzheimer’s disease and Parkinson’s disease. (ERK= extracellular-signal regulated kinase; CREB= cAMP response-element binding protein).

Theraphy to lower hyper-homocysteinemia
The Treatment of Hyperhomocysteinemia, 2009
It is acceptated that the best theraphy for hyperhomocysteinemia is having a healthy diet. Folic acid is found primarily in green leafy vegetables and in some animal products (e.g., egg yolk). The minimum daily requirement of folic acid is 50 μg, although the current recommended intake is 400 μg/d for the average adult and 600 μg/d during pregnancy (~10 cups of lettuce/day). Folic acid stores in normal individual are only 5-20 mg. You can have folate deficiency in some situations of malabsorbation like estensive jejunal resection and gastrectomy due to alcholism, inflammatory bowel disease, gluten-induced enteropathy. Cobalamin cannot be synthesized de novo in humans, and adequate stores are maintained by nutritional sources. Cobalamin is found exclusively in animal meats or dairy foods derived from animals, placing vegans at risk for cobalamin deficiency. In addition, absorption of cobalamin in the distal jejunum requires adequate levels of intrinsic factor that is released in parallel with hydrochloric acid in the stomach. Therefore, in patients at risk for achlorhydria, low intrinsic factor levels and inflammatory bowel disease history, or who have a history of gastric surgery may be at increased risk for cobalamin deficiency. Pyridoxine phosphate is a cofactor necessary for normal CBS enzyme activity. Pyridoxine phosphate is stored hepatically and is found in all food groups, making nutritional deficiency uncommon. However, in patients with a combination of liver disease and poor nutritional status, such as for alcoholics (1.5 g alcohol/kg/d, >5 years), the risk for pyridoxine deficiency is increate.
The usual theraphy to fight hyperhocysteinemia is the combined somministration of folic acid, B6 and B12 vitamins. Someone says that this theraphy is awful and dangerous because folic acid increases levels of S-adenosylmethionine that serves as a methyl donor group for protein arginine N-methyltransferases, which yields the precursor for asymmetrical dimethylarginine (ADMA). ADMA is associated with hypercholesterolemia and decreased bioavailable nitric oxide levels, thereby promoting proatherogenic changes in vascular endothelial cells. In addition, folate and vitamin B12 promotes DNA synthesis, supporting cell proliferation, which may lead to neointimal proliferation in individuals with established atherosclerosis.
Aspirin blocks the platelet aggregation and so it is useful to reduce thrombus formation.

AddThis Social Bookmark Button