Medical Information
Information

Author: Gianpiero Pescarmona
Date: 13/11/2012

Description

Novembre 2012

Migliaia d'infarti e ictus l'anno per cure interrotte o fai da te

Roma, 12 nov. (Adnkronos Salute) - Sono migliaia ogni anno i casi di infarto e ictus, anche fatali, che potrebbero essere evitati in Italia se i pazienti a rischio cardiovascolare per ipertensione, colesterolo alto e diabete di tipo 2 seguissero bene le terapie prescritte e adottassero corretti stili di vita. Oggi, invece, solo un paziente su due segue le terapie in modo corretto, mentre l'abbandono terapeutico e il fai-da-te sono frequenti. Sono solo alcuni dei dati presentati oggi a Roma all'incontro su 'L'aderenza alla terapia: un problema per la sanità', promosso dalla Consulta delle Società scientifiche per la riduzione del rischio cardiovascolare - Scv.

La Consulta riunisce 14 società scientifiche del settore, alleate per contribuire allo sviluppo dell'attività scientifica in Italia e all'ottimizzazione della pratica clinica in questo campo della medicina. Le conseguenze per la salute della scarsa aderenza alle terapie "sono notevoli - spiegano gli esperti - Basti pensare che, se i soggetti con pressione alta prendessero correttamente i farmaci antipertensivi, il tasso di ospedalizzazione per infarto e ictus si ridurrebbe del 13%. Analogamente, se i pazienti con ipercolesterolemia prendessero correttamente gli ipolipemizzanti, il rischio di ospedalizzazione per infarto si ridurrebbe del 15%. Riduzioni dello stesso ordine di grandezza sono attese per la terapia farmacologica del diabete di tipo 2".

Le malattie cardiovascolari rappresentano nel loro insieme la più importante causa di malattia, disabilità, morte e spesa sanitaria al mondo. In Italia, secondo dati dell'Istituto superiore di sanità, muoiono per malattie ischemiche del cuore 97 maschi e 27 femmine ogni 100.000 persone tra 35 e 74 anni, 40 maschi e 24 femmine per malattie cerebrovascolari. I tassi di attacco cardiaco sono compresi tra un minimo di 8 eventi l'anno per 10.000 donne (Modena) e 40 eventi per 10.000 uomini (Brianza). Si stima che ogni anno nel nostro Paese si verifichino circa 250.000 ospedalizzazioni per infarto e ictus.

I principali fattori di rischio sono obesità, ipertensione, diabete, colesterolo alto e fumo. Tenerli sotto controllo significa, quindi, ridurre in modo significativo i casi di infarto e ictus. Per contrastare ipertensione, colesterolo alto e diabete sono disponibili terapie mirate ed efficaci. "Ciò nonostante - rileva Giuseppe Mancia, ordinario di Medicina interna presso l'Università di Milano-Bicocca - l'impatto di queste terapie nella pratica clinica risulta costantemente più basso rispetto a quanto atteso sulla base degli studi clinici condotti finora". "Purtroppo è bassa in tutti i Paesi europei l'aderenza alle terapie contro pressione alta, diabete e colesterolo alto: il dato è solo del 50% secondo una recente rassegna di tutta la letteratura mondiale sull'argomento, e l'Italia non fa eccezione", spiega Giovanni Corrao, ordinario di Statistica medica presso l'Università di Milano.

Un recente studio ha mostrato che in Italia la tendenza all'abbandono precoce della terapia anti-ipertensiva è molto più diffusa rispetto a quella di altri Paesi europei: da noi l'addio alle cure si verifica con una frequenza quasi doppia rispetto alla Svezia. Le ricerche condotte sulla popolazione della Lombardia hanno evidenziato che 200.000, 100.000 e 40.000 soggetti di età compresa tra 40 e 79 anni entrano ogni anno in trattamento - rispettivamente con farmaci anti-ipertensivi, ipolipemizzanti e antidiabetici - per la prevenzione primaria di esiti cardiovascolari. Ma nel 36-37% dei pazienti che inizia la terapia con un farmaco di una delle tre classi sopra ricordate, la prima prescrizione non è rinnovata entro l'anno successivo la data di inizio della terapia.

Un dato allarmante per la salute dei pazienti. Un'unica prescrizione isolata, sottolinea Corrao, comporta inoltre uno spreco di risorse che, per la sola Lombardia, si aggira intorno a 2,5 milioni di euro ogni anno. "Appare dunque evidente che molto ancora si può fare in termini di prevenzione, informando e aiutando i pazienti a seguire correttamente le proprie terapie e sensibilizzando i medici di medicina generale a seguire i propri assistiti nella gestione delle terapie", sottolinea Corrao. "Ne trarrebbe vantaggi anche la 'salute' del Ssn, per il quale si produrrebbe un risparmio in termini di riduzione delle ospedalizzazioni", conclude l'esperto.

Nel Dna un legame tra Sla e cancro, scoperta italiana

Milano, 12 nov. (Adnkronos Salute) - Sla e cancro hanno un punto in comune nascosto nel Dna. A lanciare l'ipotesi è uno studio italiano, condotto dall'Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) di Milano e dall'Istituto di genetica molecolare del Cnr (Igm-Cnr) di Pavia, sostenuto da Airc e Telethon e pubblicato in questi giorni su 'Cell'. Gli scienziati hanno chiarito il ruolo di una proteina chiamata senataxina nel regolare il processo di trascrizione e replicazione del Dna. E hanno scoperto come la stessa proteina, che risulta mutata nelle persone con una particolare forma di sclerosi laterale amiotrofica, potrebbe essere coinvolta anche nella formazione dei tumori.

"Ciò che emerge chiaramente dai nostri risultati - spiega Giordano Liberi, ricercatore dell'Igm-Cnr e autore della ricerca - è che la senataxina, proteina mutata in due rare patologie neurodegenerative ereditarie (una forma giovanile di Sla e una rara atassia con difetti dei muscoli oculari, l'AOA2), agisce come un vigile che regola il traffico durante la replicazione di zone del Dna particolarmente 'affollate'". La replicazione e la trascrizione del Dna - ricorda infatti una nota congiunta di Ifom e Cnr - sono due eventi fondamentali senza i quali le cellule non potrebbero duplicarsi e funzionare: durante il primo viene prodotta una copia identica della molecola, mentre con il secondo uno dei due filamenti che costituisce la doppia elica di Dna viene trascritto in Rna. "Questi processi avvengono contemporaneamente e devono essere ben coordinati per evitare che interferiscano tra loro", precisa Liberi.

"Compito della senataxina, nelle regioni del Dna dove sono presenti geni molto espressi che ospitano costantemente i complessi di trascrizione - continua lo studioso - è proprio dare la precedenza alla replicazione, evitando al contempo un pericoloso 'scontro' tra la forcella replicativa e il complesso di trascrizione e il blocco della forcella". Quando invece la proteina-vigile risulta alterata, come nelle due patologie neurodegenerative, la trascrizione interferisce con la replicazione rendendo il Dna fragile. Una caratteristica comune anche delle cellule tumorali. Pertanto "questa scoperta potrebbe segnare un significativo passo avanti sia nella ricerca sul cancro, sia nello studio delle due patologie neurodegenerative in cui senataxina è alterata", evidenziano Ifom e Cnr.

"Lo studio apre alcune domande - osserva Liberi - Da chiarire innanzitutto il coinvolgimento della senataxina, quale garante della stabilità genomica, nei meccanismi molecolari alla base della formazione dei tumori, dove l'integrità del Dna risulta gravemente compromessa: un'intersezione ancora misteriosa nella ricerca tra malattie genetiche e cancro. Dobbiamo poi stabilire quali sono le cellule del sistema nervoso in cui le lesioni al Dna contribuiscono allo sviluppo di Sla e atassia AOA2. Ma adesso abbiamo un'idea più precisa di cosa cercare: sappiamo che in assenza di senataxina le cellule sono maggiormente soggette a instabilità genomica".

"I risultati di questo lavoro costituiscono un importante tassello nel quadro che sta emergendo nella comunità scientifica - sottolinea Marco Foiani, direttore scientifico dell'Ifom - Gli stessi ingranaggi che muovono la macchina del tumore spesso si trovano alla base di una vasta gamma di patologie, diverse nella loro manifestazione, ma simili in termini di disfunzioni a livello cellulare. L'instabilità genomica potrebbe essere quindi il comun denominatore tra cancro e malattie neurodegenerative come la Sla. Ancora una volta, in controtendenza rispetto alla settorializzazione della ricerca scientifica, questo studio dimostra il valore trasversale della ricerca di base che, lavorando sui meccanismi biologici fondamentali, perviene a scoperte le cui applicazioni guardano verso molteplici aree di indagine apparentemente lontane".

"Lo studio - conclude Giuseppe Biamonti, direttore scientifico dell'Igm-Cnr - rappresenta un'importante conferma della collaborazione intrapresa dai nostri due istituti per supportare la ricerca dei meccanismi fondamentali alla base della fisiologia delle cellule umane. Ci aspettiamo che i prossimi risultati contribuiscano a chiarire il ruolo che la deregolazione di questi meccanismi fondamentali hanno nell'insorgenza di importanti patologie neurodegenerative e tumorali".
Torna all’indice

AddThis Social Bookmark Button