Esosomi: strumento di terapia genica?
Per terapia genica si intende il trasferimento di materiale genetico allo scopo di prevenire o curare una malattia. Nel caso di malattie genetiche consiste essenzialmente nel trasferire la versione “funzionante” del gene in modo da rimediare al difetto. Può essere applicata a cellule somatiche, nel qual caso il difetto viene curato esclusivamente nel paziente soggetto alla terapia, e a cellule germinali, rendendo possibile la trasmissione alle generazioni successive. La prima tappa verso la terapia genica è costituita dal riconoscimento del gene responsabile della malattia, il quale viene isolato (o clonato) tramite tecniche di biologia molecolare e inserito all’interno di vettori.
L’organizzazione dei geni nel genoma varia a seconda della specie, nei procarioti il genoma è meno complesso e i geni sono tra loro vicini, a volte sovrapposti e la maggior parte del genoma batterico è trascritto ed espresso. Negli eucarioti il genoma è più grande e l’organizzazione dei geni varia, soprattutto in termini di organizzazione di sequenze genomiche:
• trascritte e codificanti per proteine
• trascritte e non codificanti
• sequenze intergeniche
Esistono due tipologie di terapia genica: quella delle cellule germinali e quella delle cellule somatiche. La prima si propone di trasfettare le cellule della linea germinale come spermatozoi ed ovociti o le cellule staminali totipotenti dei primissimi stadi dello sviluppo dell'embrione (alla fase di 4-8 cellule), ma attualmente essa non viene messa in pratica sia per ragioni tecniche e, soprattutto, per i grandissimi dilemmi etici che solleva. La seconda tipologia, invece, si propone di modificare solamente le cellule somatiche, senza intaccare, quindi, la linea germinale; oggigiorno è la via più studiata e tentata. La terapia genica delle cellule somatiche, a sua volta, viene suddivisa in due gruppi: la terapia genica ex vivo e quella in vivo.
• in vivo: trasferimento di DNA direttamente nelle cellule e nei tessuti del paziente;
• ex vivo:il DNA viene prima trasferito in cellule bersaglio isolate dall’organismo e fatte crescere in laboratorio.
Quest’ultima è la tipologia che consiste nel prelievo delle cellule somatiche della persona interessata. Esse, successivamente, vengono messe in coltura in laboratorio. Durante questo tempo vengono anche trasfettate con il gene d'interesse, inserito tramite un apposito vettore e successivamente vengono reinfuse o reimpiantate nel corpo del soggetto. È attualmente la modalità più utilizzata ma è riservata solamente a quei casi in cui sia possibile prelevare, mettere le cellule in cultura e reinserirle nell'organismo.
Per quanto riguarda quella in vivo, viene applicata per tutte quelle cellule che non possono essere messe in coltura o prelevate o reimpiantate (cervello, cuore).
Per fare in modo che una certa molecola di DNA possa entrare all’interno del vettore, è fondamentale l’uso degli enzimi di restrizione, ottenendo così un frammento che avrà alle sue estremità la sequenza nucleotidica risultante dalla digestione enzimatica.
Queste estremità possono essere legate (tramite ligasi) in sequenze compatibili presenti in un’altra molecole di DNA (del vettore) la quale viene digerita con lo stesso enzima, ottenendo alla fine la molecola ricombinante: vettore/ DNA di interesse.
Vi sono diversi classi di vettori, quelli più comuni sono quelli plasmidici. Questi vettori contengono:
• un gene di selezione (resistenza antibiotici)
• multipli siti di clonaggio
• diverse origini di replicazione
• capacità di poter ospitare DNA ospite.
Esistono diversi tipi di vettori, i quali vengono classificati in base alla dimensione del DNA
• PLASMIDI da 0,1 a 10kb
• FAGI da 8 a 22 kb
• COSMIDI da 32 a 45kb
• BAC da 75 a 300 kb
• YAC da 100 a 2000kb.
Tra i vettori non virali ritroviamo i liposomi, i quali sfruttano l’interazione di carica tra DNA (negativa) e il vettore.
In ambito di ricerca sta prendendo piede una nuova metodologia che sfrutta l’utilizzo di esosomi, frammenti citoplasmatici di origine cellulare o proveniente da fluidi biologici.
Gli esosomi potrebbero essere utilizzati nel campo della terapia genica in quanto possono fungere da veicolo di composti terapeutici rappresentati da miRNA, siRNA, agenti chemioterapici.
L’articolo; ‘A comprehensive overview of exosomes as drug delivery vehicles- endogenous nanocarriers for targeted cancer therapy’ descrive la possibilità di ingegnerizzare gli esosomi ai fini del rilascio del cargo terapeutico nel sito d’interesse nell’ambito di varie patologie, in particolare nelle neoplasie.
Il successo del rilascio di cargo terapeutici da parte degli esosomi dipende dall’efficienza del metodo di ‘loading’. Esistono diverse metodologie di transfezione:
• Elettroporazione
• Incubazione
• Uso di reagenti chimici
• Attivazione cellulare
Lo studio e il confronto tra i liposomi e i esosomi potrebbe rivelarsi utile nel disegnare nuovi liposomi carrier o viceversa esosomi sintetici.
In conclusione diversi aspetti andrebbero approfonditi:
• La scelta della cellula donatrice (autologa o eterologa)
• Modificazioni utili alla stabilità esoso male
• La scelta della via di somministrazione più appropriata
• La conoscenza della struttura di superficie degli esosomi.