Intermediary forms of uncertain significance
Hematological Malignacy

Author: Rossana Critelli
Date: 09/04/2008

Description

CONDIZIONI LINFOPROLIFERATIVE PRE-MALIGNE DI SIGNIFICATO INCERTO
Come già evidenziato nel campo dei tumori solidi, anche nell’oncoematologia sono stati riscontrati quadri, che pur presentandosi clinicamente asintomatici, sono caratterizzati da parametri molecolari o sierici analoghi a quelli osservati nella malattia conclamata. Tali condizioni dette “di significato incerto”, come la gammopatia monoclonale di significato incerto (MGUS), la linfocitosi clonale di significato incerto correlata alla leucemia linfatica cronica (CLL-CLUS) e la linfoproliferazione clonale di significato incerto correlata al linfoma follicolare (FL-CLUS), possono fare ipotizzare l’esistenza di un ”anticamera” della neoplasia.
In una buona percentuale di soggetti (25%), esprimenti MGUS, è stata dimostrata un’effettiva progressione verso una sindrome linfoimmunoproliferativa, quale il mieloma.
Per ciò che concerne altre condizioni, come la linfoproliferazione clonale di significato incerto correlata al linfoma follicolare (FL-CLUS), non è ancora stato possibile correlare l’evoluzione verso la linfomagenesi in soggetti sani (monitorati a lungo termine) portatori della lesione genetica tipica del linfoma follicolare.
Nonostante negli ultimi anni siano stati fatti enormi passi avanti nella comprensione dei meccanismi di funzionamento della cellula tumorale, non sono ancora stati chiariti i fattori che portano all’insorgenza dei tumori; per questo motivo, uno dei campi più proficui del moderno approccio al trattamento dei tumori sembra essere proprio la comprensione delle fasi precoci del processo di trasformazione tumorale. I maggiori successi nella terapia del cancro si sono ottenuti proprio grazie alla prevenzione e al trattamento precoce di queste patologie. E’ dunque possibile che un ulteriore chiarimento delle fasi evolutive precoci possa contribuire a sviluppare strategie efficaci per il trattamento di patologie come il linfoma follicolare che è tuttora la più frequente malattia linfoproliferativa dell’età media ed avanzata.
www.wikipedia.org
www.diseasesdatabase.com

LA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA
La Leucemia Linfatica Cronica (B-CLL) è una malattia neoplastica del sistema linfoide caratterizzata dalla proliferazione e dal progressivo accumulo di linfociti B nel sangue periferico, nel midollo, nei linfonodi, nella milza e nel fegato.
Vi è evidenza a favore di una possibile associazione tra B-CLL e fattori genetici. Si è potuto verificare che la B-CLL ha un’incidenza bassa nelle popolazioni orientali rispetto agli occidentali e che i gruppi etnici che migrano in altri paesi mantengono l’incidenza di questa malattia a livello di quella del paese di provenienza.
Tale patologia è la forma di leucemia più frequente nella popolazione adulta in età media o avanzata. Solo il 15% dei pazienti ha un'età inferiore a 50 anni. Negli ultimi anni tuttavia la percentuale di pazienti giovani è in aumento, probabilmente perché un numero maggiore di casi viene diagnosticato, a seguito di esami occasionali, prima della comparsa di qualsiasi sintomo. Questi soggetti dimostrano spesso una linfocitosi come unica alterazione all'esame emocromocitometrico associate ad un aumento delle dimensioni delle ghiandole linfatiche (linfoadenomegalia) e della milza (splenomegalia). In questi pazienti la diagnosi di certezza di B-CLL può essere fatta mediante la tipizzazione immunologica dei linfociti del sangue periferico.
Con il progredire della malattia possono comparire altri sintomi legati all’insufficienza midollare quali: anemia, piastrinopenia, neutropenia. Possono inoltre manifestarsi disordini autoimmuni quali anemia emolitica autoimmune e piastrinopenia autoimmune. Il decorso clinico della B-CLL è molto eterogeneo: alcuni pazienti sopravvivono per decenni con un limitato intervento terapeutico, altri progrediscono rapidamente attraverso gli stadi della malattia e muoiono nel giro di pochi anni. Questi due corsi della malattia sono anche indicati rispettivamente come "indolente" ed "aggressivo".

Patogenesi della B-CLL
La mutazione del gene p53 e la perdita di eterozigosità del locus 17p sono stati osservati solo in una piccola frazione dei casi (10-15%). Un aumento della frequenza di mutazione del gene p53 è stato riscontrato nella sindrome di Richter, un linfoma altamente aggressivo, che deriva dalla trasformazione della B-CLL e ciò suggerisce che il p53 possa essere coinvolto nei meccanismi di progressione della malattia.
Le alterazioni citogenetiche riscontrate sono: la trisomia 12 (16% dei casi), la deplezione 17p13 (7%) e la delezione 11q23 (18%), le quali hanno un significato prognostico sfavorevole. La delezione 13q14 (55%) è invece favorevole se isolata e dimostra una sopravvivenza simile a quella dei pazienti con cariotipo normale. Le alterazioni sfavorevoli si riscontrano più frequentemente in pazienti in stadio avanzato.
Sebbene la B-CLL sia tradizionalmente considerata come un tumore omogeneo, in realtà questa patologia si suddivide in due gruppi istopatogenetici fondamentali, a seconda se la cellula d’origine abbia o meno attraversato il Centro Germinativo (CG). Circa la metà delle B-CLL, presentano mutazioni dei geni Ig e Bcl-6 e originano pertanto da cellule che hanno attraversato il CG. Le rimanenti hanno i geni delle immunoglobuline privi di mutazioni somatiche e originano quindi da cellule esterne al CG. Il fatto saliente è che le B-CLL di derivazione pre-CG mostrano una prognosi peggiore rispetto a quella le cui cellule sono già transitate nel CG. Come descritto sopra la B-CLL può essere distinta in due sottotipi differenti dal punto di vista patogenetico: quello indolente e quello aggressivo. Lo stato mutazionale del gene codificante la regione variabile delle Ig (VH-MS) è attualmente considerata il parametro migliore per distinguere il decorso dei pazienti. I soggetti che hanno geni VH non mutati (>2%) hanno un decorso più aggressivo della malattia ed una sopravvivenza significativamente inferiore rispetto ai pazienti con geni VH mutati (>=2%).
E’ stato inoltre ipotizzato che l’attivazione di alcuni oncogeni come c-MYC, CCDN-1, Bcl-2 o l’inattivazione di alcuni geni onco-soppressori come RB-1 e BRCA-2 potessero essere all’origine della patogenesi della B-CLL, tuttavia per nessuno di questi è stata dimostrata alcuna connessione con la malattia.
Anomalie nel locus 11q22-q23, sito in cui mappa il gene ATM, sono state descritte in alcuni casi di B-CLL. Poiché il gene ATM è coinvolto nei meccanismi di apoptosi, la sua perdita potrebbe contribuire al prolungamento della sopravvivenza cellulare e quindi allo sviluppo in senso neoplastico. Tra gli eventi patogenetici della B-CLL, recentemente, sono state messe in luce anomalie relative a specifici microRNA (miRNA).
Diversamente da quanto osservato in altri tipi di linfomi indolenti, nessuna traslocazione cromosomica è stata riscontrata nella B-CLL, ma i riarrangiamenti del gene per le catene pesanti delle immunoglobuline (VDJ) sono spesso presenti e rappresentano utili markers molecolari di malattia, la quale può essere così monitorata attraverso tecniche molecolari ad alta sensibilità come la Polymerase Chain Reaction (PCR).
www.wikipedia.org
MeSh Descriptor

CLL-CLUS: Linfocitosi Clonale di Significato Incerto correlata alla B-CLL
Nello studio delle lesioni precoci nella B-CLL, dove gli eventi oncogenici sono raramente riconducibili ad identificare e caratterizzare le fasi iniziali della malattia, gli elementi di leucemogenesi precoci sono particolarmente importanti. I miglioramenti ottenuti nelle tecnologie diagnostiche hanno permesso di osservare, in una piccola percentuale di popolazione sana, una condizione caratterizzata dalla presenza di una popolazione clonale che potrebbe essere associata alla B-CLL. Tale condizione è stata identificata come uno stato pre-maligno e definita CLUS (Clonal Lymphocytosis of Uncertain Significance).
Diversi studi hanno dimostrato la presenza di CLUS in un gruppo di volontari in buona salute e con percentuali normali di linfociti. Nell’analisi dei linfociti dei pazienti con CLUS è stato messo in evidenza come il profilo immunofenotipico e il riarrangiamento dei geni sia identico a quello riscontrato nei pazienti con B-CLL a genotipo mutato.
Rawstron et al. hanno progettato un'analisi di citometria a flusso per diagnosticare la malattia minima residua in pazienti con B-CLL che sono stati trattati con chemioterapia intensa. Questa analisi, basata sul modello di spotting di CD5, CD19, CD20 e CD79b, può rilevare un piccolo numero di cellule di B-CLL con una sensibilità di 1 su 105. I ricercatori hanno applicato questa analisi nel loro laboratorio di Leeds, su un gruppo di 910 pazienti sani e hanno osservato che 21 di 425 maschi e 11 di 485 femmine, circa il 3% degli individui con più di 40 anni, presentavano una popolazione rilevabile di cellule con un profilo fenotipico identico a quelle di B-CLL. Queste cellule erano isotipiche riguardo alle catene leggere dell'immunoglobuline e nei pochi pazienti valutabili per l’analisi dei geni delle catene pesanti, erano chiaramente monoclonali. E’ stato anche osservato come l’aumento dell’età dei pazienti, incrementa significativamente la percentuale, che passa da 2,1% in individui compresi nella fascia di età 40-60 anni, a 5,0% in individui con più di 60 anni.
Textist

Questi risultati dimostrano come la presenza di una popolazione monoclonale di linfociti B con un fenotipo classico della B-CLL e negatività per CD38 in individui sani, può essere considerata una fase iniziale di B-CLL indolente e ciò potrebbe essere utile per capire i meccanismi di leucemogenesi. Inoltre, è evidente come il rapporto tra B-CLL e la linfocitosi monoclonale di significato incerto, sia simile al rapporto tra MGUS e il mieloma multiplo.
In uno studio di Goldin et al., si è valutato il fattore di rischio nei familiari di soggetti affetti da disordini linfoproliferativi.
Sono stati presi in considerazione 14336 parenti di primo grado (genitori, fratelli/sorelle e figli) di 5918 individui con B-CLL e 28876 parenti di 11778 soggetti sani. I parenti dei pazienti con B-CLL hanno dimostrato un significativo aumento del rischio di sviluppare la medesima patologia, mentre il rischio di maturare altri linfomi si è dimostrato notevolmente più basso. Infine tale rischio nei familiari sembra essere molto simile nei parenti consanguinei, indipendentemente dal sesso.
Emergono infine prove che confermano una somiglianza fra le cellule aberranti di individui sani e quelle di pazienti con B-CLL a livello fenotipico e genotipico, specialmente in famiglie con predisposizione ereditaria; pertanto queste cellule potrebbero fornire uno strumento per studiare gli eventi responsabili dello sviluppo della malattia.
www.ncbi.nlm.nih.gov

IL LINFOMA FOLLICOLARE
Una delle forme più comuni di linfoma indolente, caratterizzato da un’evoluzione lenta e da una storia naturale prolungata, è il linfoma follicolare (FL).
Tale patologia costituisce un modello di linfomagenesi B, caratterizzato dalla deregolazione dell’oncogene Bcl-2. La maggior parte dei linfomi follicolari presenta la traslocazione t(14;18), che giustappone il gene Bcl-2 ai geni della catena pesante delle immunoglobuline.
Il linfoma follicolare si caratterizza per specifici quadri clinici ed anatomo-patologici, nonché per differenti meccanismi di patogenesi molecolare. Dal punto di vista clinico il coinvolgimento del midollo è documentato alla diagnosi nella malattia nella maggior parte dei casi. In generale la patologia si presenta disseminata alla diagnosi ed il paziente manifesta coinvolgimento adenopatico di numerosi distretti superficiali e profondi. Spesso i pazienti non necessitano di chemioterapia specifica per parecchi anni. Tuttavia, con il passar del tempo, la malattia spesso acquisisce una maggiore aggressività a causa di un fenomeno definito trasformazione istologica. Questo spiega perché nonostante una presentazione inizialmente indolente, la maggior parte dei pazienti soccomba per questa patologia dopo un periodo più o meno lungo.
Tale patologia è istologicamente caratterizzata dalla presenza di follicoli linfoidi neoplastici che, a differenza di quelli reattivi, hanno forma e dimensioni più omogenee. In effetti, questo linfoma è caratterizzato dalla proliferazione dei tipici elementi presenti nell’ambito della differenziazione centro-follicolare con una mescolanza, in proporzioni variabili da caso a caso, di centrociti e centroblasti. I centrociti sono cellule di media grandezza, con nucleo ovalare e scarso citoplasma chiaro; i centroblasti sono cellule medio-grandi con ampio nucleo tondeggiante e scarso citoplasma fortemente basofilo. Seppur l’aspetto di crescita nodulare sia caratteristico del FL non si deve dimenticare che tale aspetto può essere presente anche in altri linfomi (aspetto definito “pseudofollicolare”). Questo spiega perché non sempre la diagnosi di FL sia possibile utilizzando solamente dei criteri istologici. In tali casi diventa imperativo confermare la diagnosi mediante parametri citologici, immunofenotipici ed eventualmente molecolari.

Epidemiologia del linfoma follicolare
Questa neoplasia è stata riscontrata con maggiore incidenza nel sesso maschile rispetto a quello femminile, con un rapporto M/F di 1,5/1. Esistono inoltre notevoli differenze legate all’etnia, con una frequenza nettamente più alta nella popolazione caucasica, dove l’incidenza è circa del 50%, rispetto a quella africana e orientale. Si tratta di una patologia che colpisce prevalentemente l’età adulta: l’incidenza aumenta in modo esponenziale dall’infanzia alle fasce d’età più avanzate e, infatti, l’età mediana dei soggetti con il FL è di 60-65 anni. Inoltre l’incidenza dei FL è più elevata in regioni a più alto tenore economico o con più avanzato sviluppo tecnologico e culturale. Analisi epidemiologiche e studi biologici hanno permesso di individuare diverse altre condizioni che si possono associare ad un aumentato rischio di linfoma; sembra infatti che determinate occupazioni come ad esempio l’agricoltura, possano portare ad un rischio “professionale” di sviluppare il FL, dovuto presumibilmente all’esposizione a sostanze tossiche come erbicidi e pesticidi.

La traslocazione t(14;18) o marker Bcl-2 nel linfoma follicolare
La t(14;18) è stata la prima lesione a coinvolgere il gene Bcl-2, implicato nei meccanismi di proliferazione e di controllo dell’apoptosi. E’ presente in circa il 60-80% dei pazienti con FL e nel 20% dei linfomi diffusi a grandi cellule (DLCBL).
Bcl-2 è un proto-oncogene localizzato sul cromosoma 18. Il suo prodotto è una proteina integrale di membrana, detta BCL-2, la cui funzione fisiologica è quella di prevenire la morte cellulare programmata. Questa proteina è localizzata principalmente nelle membrane esterne dei mitocondri. Il gene Bcl-2 è coinvolto insieme ai geni delle catene pesanti delle immunoglobuline (IgH) nella traslocazione t(14;18). In tale traslocazione la regione 3’ di Bcl-2, sul cromosoma 18q21, è giustapposta sul cromosoma 14q32, alla regione JH, nei pressi della quale è presente un elemento “enhancer“ molto attivo nelle cellule B. Il punto di rottura sul cromosoma 18 può interessare più frequentemente differenti regioni conosciute, come “ Major Breakpoint Region” (MBR) e “minor cluster region” (mcr). La traslocazione genera un messaggero ibrido Bcl-2/IgH codificante per una proteina integra. L’effetto finale della traslocazione è rappresentato dall’iperespressione della proteina BCL-2 che induce uno stato di lunga sopravvivenza nelle cellule portanti la traslocazione.
Quando la traslocazione t(14;18)(q32;q21) è assente, si possono individuare altre anomalie cromosomiche, identificabili nelle traslocazioni t(2;18)(p11;q21) e t(18;22)(q21;q11) e in questo caso, il gene Bcl-2 finisce sotto il controllo dei geni della catena leggera delle immunoglobuline
www.wikipedia.org
MeSh descriptor

Riarrangiamenti non neoplastici di BCL-2
La traslocazione t(14;18), che provoca la deregolazione del normale profilo di espressione della proteina BCL-2, è alla base della patogenesi del FL. Tuttavia, recenti studi hanno individuato il riarrangiamento di Bcl-2 anche in cellule di pazienti che non mostrano evidenze cliniche correlabili con il FL, definendo tali aberrazioni cromosomiche come Non-Lymphoma Associated Bcl-2/IgH Rearrangements (NLABR).
Numerosi lavori hanno dimostrato che cellule t(14;18)+ possono essere rilevate attraverso PCR nel sangue periferico di donatori di sangue sani e in pazienti con patologie non tumorali. L'incidenza di cellule t(14;18)+ nei donatori sani è molto alta e varia tra il 10% e il 40%, secondo quanto riportato in letteratura. Infatti, è verosimile che la presenza di tale riarrangiamento non sia fatale per la cellula portatrice, ma al contrario, possa favorirne la sopravvivenza pur non essendo in grado di indurre un fenotipo propriamente neoplastico. E’ stato ipotizzato che la comparsa di tale traslocazione rappresenti un evento stocastico, la cui incidenza potrebbe essere più alta durante i periodi di maggiore attività immunitaria o in individui con sistema immunitario molto attivo. Tuttavia, si ignora quale possa essere il destino delle cellule portatrici di questo tipo di anomalia, in particolare se questa possa persistere a lungo termine nell’ospite, se la sua comparsa e la sua sopravvivenza possa essere favorita da specifici fattori di ordine genetico o ambientale e soprattutto se i cloni portatori di tali riarrangiamenti possano o meno essere messi in relazione con la patogenesi del FL.
Le t(14;18) trovate nei donatori di sangue sani sono tipici riarrangiamenti Bcl-2/MBR, infatti in letteratura la presenza di NLABR collocati in altre regioni, tra cui la mcr, è documentata ma carente. L’analisi delle sequenze nucleotidiche dimostra la loro sostanziale omologia con i riarrangiamenti abitualmente riscontrati nei FL: essi, infatti, si collocano in tre cluster principali comparabili con quelli osservati nei pazienti con FL. Non sono al momento noti quelli che potrebbero essere gli ulteriori insulti genetici che inducono l’acquisizione di un fenotipo propriamente maligno in queste cellule. Importanti osservazioni suggeriscono un possibile nesso patogenetico tra FL e tra NLABR:

1. è stato dimostrato che esiste una diversa incidenza di NLABR tra i caucasici (popolazione ad alto rischio di FL) ed i giapponesi (a basso rischio di sviluppare il FL);

2. è stato recentemente riscontrato che gli NLABR sono più frequenti negli agricoltori esposti a pesticidi rispetto ai soggetti non esposti;

3. come dimostrato, lo stesso clone Bcl-2/IgH-positivo, presente nei soggetti sani, può persistere in taluni individui per almeno quattro anni;

4. si è osservato che questi cloni hanno il pattern fenotipico simile a quello dei LF (CD19+, CD5-, CD23-, CD10+/-).

Queste osservazioni sembrano evidenziare un possibile nesso tra NLABR e FL. In effetti, la presenza di tali riarrangiamenti potrebbe essere espressione di un centro germinativo particolarmente pronto a commettere errori di ricombinazione durante l’ipermutazione somatica. Tuttavia la presenza di cloni che persistono a lungo termine suggerisce che il clone Bcl-2/IgH-positivo può costituire una vera e propria popolazione pre-maligna, capace di progredire ulteriormente nell’ambito della “multi-step tumorigenesis” grazie all’accumulo di nuovi eventi genetici, fino a dare origine ad un linfoma conclamato.
Per poter stabilire pienamente il ruolo biologico di questi riarrangiamenti è necessario chiarire alcuni aspetti. Infatti:

- non è chiaro se i NLABR siano eventi che ricorrono periodicamente in ogni individuo o si manifestino frequentemente solo in un sottogruppo di individui a causa di specifici fattori genetici od ambientali;

- non è chiaro se cellule che presentano questi riarrangiamenti siano benigne o se in alcuni casi possano essere considerate come una popolazione pre-neoplastica;

- non è chiaro se queste lesioni possano apparire in associazione con alcuni specifici stress immunologici quali infezioni o riattivazioni virali;

- non è chiaro se il sistema immunitario possa riconoscere le cellule Bcl-2/IgH-positive e agire per eliminarle.

Tutto ciò potrebbe far pensare ad un fenomeno analogo a quello, già noto da qualche tempo, nel campo delle gammopatie monoclonali, cioè lo stato di MGUS che, frequentemente precede il mieloma multiplo e pertanto si potrebbe ipotizzare un linfoma follicolare di significato incerto (FL-CLUS) come condizione predisponente al FL.
Nel caso della MGUS le conoscenze a riguardo sono più approfondite, anche se i meccanismi di progressione verso il MM e le potenzialità di intervento sono tutt’ora da chiarire.
Solo ultimamente questo modello di “multi-step tumorigenesis” è stato esteso anche alla patogenesi della B-CLL e del FL.
I risultati ottenuti per la CLL-CLUS e la FL-CLUS sono ancora preliminari ed in questi ultimi anni si è tentato di ampliare le conoscenze a riguardo. Ciò nonostante, lo sviluppo si è dimostrato lento fino ad oggi per svariati motivi. Innanzitutto queste lesioni colpiscono popolazioni di cellule clonali esigue e quindi estremamente difficili da caratterizzare da un punto di vista genetico e fenotipico; inoltre a tutt’oggi, non esistono modelli animali validi per lo studio di questi processi ed infine vi è un limitato interesse da parte delle industrie farmaceutiche, in quanto un’applicazione chemiopreventiva risulta ancora lontana dal tradursi in realtà.
Tuttavia è importante avere delle informazioni sulle condizioni pre-maligne perché contribuiscono a definire un modello patogenetico comune nei tumori linfoidi indolenti, a comprendere in modo più accurato i fattori di rischio e quindi prevenire ed intervenire con una terapia precoce.
www.ncbi.nlm.nih.gov

Attachments
fileuserdate
Immagine_1.jpgRossana10/04/2008
AddThis Social Bookmark Button