RISCHI E TRATTAMENTI OPERATORI NELLE PATOLOGIE COAGULATIVE CONGENITE
Diseases

Author: Eleonora Colucci
Date: 10/12/2008

Description

Le malattie coagulative congenite sono:

1. emofilia a"
: è il più comune e conosciuto difetto congenito della coagulazione. Sono colpiti 1/5000 maschi, dal momento che è ereditata come carattere recessivo legato al cromosoma X. E’ dovuta a deficit quantitativo e/o qualitativo del fattore VII e ha gravità clinica molto variabile, a seconda della quantità di fattore della coagulazione residuo; i soggetti con forme lievi possono condurre una vita pressoché normale

2. EMOFILIA B : è anche detta malattia di Christmas ed è dovuta ad una carenza del fattore IX. Viene trasmessa come carattere recessivo legato al cromosoma X, è però 10 volte più rara dell’emofilia A. Clinicamente si manifesta come l’emofilia A.

3. malattia di von willebrand : si trasmette in forma autosomica dominante e di conseguenza si riscontra con uguale incidenza nei due sessi. Dal punto di vista clinico i pazienti manifestano un’emorragia post-traumatica superiore alla norma. I flussi mestruali possono rappresentare un problema serio e, solo in casi rari, possono insorgere emartri. E’ interessante notare che questa tendenza al sanguinamento decresce però mano a mano che il paziente invecchia.


ASPETTI CLINICI:

La valutazione del paziente inizia con l’anamnesi, l’esame obiettivo,le informazioni cliniche e gli esami strumentali da lui forniti.
1. ANAMNESI: E’ il “test” più semplice per stabilire se il paziente è portatore di un’alterazione della coagulazione. Nel paziente giovane sono più probabili le malattie congenite. L’esaminatore deve chiedere se il paziente ha avuto emorragie spontanee o inspiegate, le sedi coinvolte, la frequenza, l’entità dell’emorragia, le misure impiegate per controllarla e la loro efficacia. Manifestazioni emorragiche sempre in una stessa sede sono espressione di un problema locale, emorragie in sedi diverse indicano una malattia sistemica.
Occorre chiedere se ci sono state epitassi e, alle donne, se hanno mestruazioni particolarmente abbondanti. L’emorragia intrarticolare è un episodio che può non essere riconosciuto in membri di famiglie nelle quali non sono mai stati riscontrati in precedenza disturbi della coagulazione.
Le risposte a tutte queste domande permetteranno di stabilire se il paziente è affetto da una malattia coagulativa.
Nel richiedere al paziente informazioni generali sulla sua salute, vanno considerate particolarmente quelle malattie che causano una certa tendenza all’emorragia: malattie neoplastiche del sangue, insufficienza renale cronica, alcolismo cronico, epatopatie croniche. Queste ultime nelle fasi avanzate provocano la comparsa di piccole lesioni vascolari della cute del volto, del collo e dell’addome,note come “spider nevi”.
Di grande importanza è la storia familiare nei pazienti giovani. L’insorgenza di una malattia emorragica, specie nei primi anni di vita, in parenti di primo grado, fa sorgere il sospetto di un problema ereditario che richiede ulteriori accertamenti clinici.

2. ESAME OBIETTIVO: Fa parte comunque delle responsabilità del dentista l’attenta ricerca di di una eventuale evidenza clinica. I pazienti con difetti della coagulazione vanno incontro, dopo il trauma, a emorragia ritardata in strutture profonde come le articolazioni, i muscoli e gli spazi fasciali profondi. L’emorragia è di solito lenta e persistente e ha la tendenza a recidivare.

3. ESAMI DI LABORATORIO: Quando l’esame obiettivo e l’anamnesi suggeriscono la possibilità di una diatesi emorragica, è necessario fare una diagnosi certa prima di eseguire qualsiasi tipo di intervento (perfino le anestesie locali). Gli esami per la valutazione delle malattie emorragiche sono diventati così sofisticati e specializzati da richiedere l’esperienza di un medico competente. Pertanto quando l’anamnesi e l’esame obiettivo lo richiedono, il paziente dovrebbe essere inviato per consulenza ad un ematologo. Gli esami per una valutazione della presenza di un difetto dell’emostasi saranno volti ad indagare: fattori della coagulazione e attività fibrinolitica.
Le prove per attestare la capacità emocoagulativa sono il tempo di protrombina, il tempo di tromboplastina parziale attivata, il tempo di trombina , clotting time. Da considerare inoltre la possibilità che esistano anticorpi contro determinati fattori della coagulazione nel 15% dei pazienti emofilici.
Se l’anamnesi , l’esame obbiettivo e gli esami di laboratorio indicano l’eventuale presenza di un problema congenito , le prove sopra elencate rappresentano solo le fasi iniziali della valutazione laboratoristica completa. Poiché la maggior parte delle malattie emorragiche congenite è causata da deficienze di fattori singoli occorre proseguire con indagini ulteriori fino a quando non si riesca a raggiungere una diagnosi specifica.
Il risultato finale che perviene al dentista deve contenere la diagnosi e un programma di trattamento che tenga conto della prestazione odontoiatrica da seguire.

EMOFILIA A:

_ RISCHIO OPERATORIO: l’emorragia rappresenta un rischio sia per la perdita di sangue, sia perché può provocare danni ad articolazioni, muscoli e nervi e, in caso di emorragia interna, comprimere organi vitali. Estrazioni dentarie causano emorragie che possono protrarsi per giorni o settimane. Non si può controllare il sanguinamento con la compressione e benché si possano formare coaguli nelle strutture orali, essi non sono in grado di interrompere il sanguinamento.
L’entità dell’emorragia dipende principalmente da due fattori: livello di attività del fattore VIIIC e l’entità del trauma.
Il plasma normale contiene 1 unità di fattore VII per mL, livello definito come 100%. Quando l’attività del fattore VIII è superiore al 5% la malattia è considerata lieve. Nelle forme moderate è minore del 5% mentre è inferiore all’1% nelle forme gravi.

_ GESTIONE PERIOPERATORIA: il trattamento di scelta è il concentrato con inattivazione virale del fattore VII, il plasma fresco, I o il fattore VIII ricombinante;
La desmopressina può temporaneamente far aumentare i livelli di fattore VIII in un paziente con emofilia A moderata. La desmopressina è inefficace nei pazienti con emofilia A grave e nella maggior parte dei pazienti con malattia di Von Willebrand .
L’emivita del fattore VIII è 10-12 ore: ciò indica che i trattamenti odontoiatrici dovrebbero essere compresi in questo lasso di tempo. Questo fattore deve salire transitoriamente al 30% per prevenire un sanguinamento da estrazione. La dose viene calcolata moltiplicando il peso del paziente in kg per 44 e per il numero di unità del livello plasmatico desiderato
Circa 12 ore prima dell’intervento è necessario somministrare acido tranexamico, e EACA come trattamento preoperatorio.
Durante l’operazione è necessario prendere alcuni accorgimenti nonostante il paziente per un certo periodo,grazie alla somministrazione del fattore VIII, abbia una coagulazione normale: attuare un’anestesia di tipo intraligamentosa,, anziché tronculare, perché meno traumatizzante nei confronti dei tessuti molli..

EMOFILIA B:

_ RISCHIO OPERATORIO: lo stesso dell’emofilia A

_ GESTIONE PERIOPERATORIA: il trattamento consiste nella somministrazione del fattore IX; l’emivita di questo fattore è di 2 giorni, cosa che facilita il trattamento dentario. La terapia sostitutiva prescritta dagli ematologi può richiedere la somministrazione di fattore IX purificato o ,in alternativa del complesso protrombinico. Non bisogna però dimenticare che la somministrazione del complesso protrombinico comporta una certa tendenza al rischio tromboembolico e, se il dentista somministra EACA, questa tendenza al tromboembolismo viene accentuata.

MALATTIA DI VON WILLEBRAND:

_ RISCHIO PERIOPERATORIO: esistono molte varianti della malattia di von Willebrand. La più frequente è caratterizzata da una deficienza assoluta dell’intera molecola del fattore VIIIR. Poiché parte della molecola del fattore VIII è necessaria per l’aggregazione piastrinica, la sua mancanza causa un prolungamento del tempo di emorragia.

_ GESTIONE PERIOPERATORIA: quando sono sottoposti a trasfusioni con plasma sanguigno o con crioprecipitato, questi pazienti sintetizzano fattore VIII per parecchi giorni. Pertanto, gli interventi chirurgici sono molto più semplici che nei casi di emofilia A, poiché tutto ciò che è necessario è la somministrazione di plasma il giorno prima dell’intervento.
Alcune delle varianti della malattia di von Willebrand non rispondono così bene alle trasfusioni di plasma.In questi casi i pazienti devono essere trattati mediante infusione di fattore VIIII il giorno dell’intervento oltre alla somministrazione di EACA come per i pazienti affetti da emofilia A .

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