L'altro giorno al ristorante dove mangio tutti i giorni Tizzi (nome di fantasia, cameriera o comandante fate voi) propone ai miei vicini di tavola una panna cotta al fieno. L'idea mi incuriosisce e ne chiedo una anche io e la assaggio.
Effettivamente un gusto un po' amaro, un po' acre, uguale a quello che io sentivo quando, bambino, dopo il raccolto del fieno andavo nel fienile con i figli del mezzadro a rotolarmi nel fieno appena seccato.
Facile a dirsi: fieno appena seccato.
In realtà lo devi tagliare quando ti aspetti che non piova, e non sempre ti va bene; cascano due gocce e tu lo devi girare e rigirare e lasciare ad asciugare per molto più tempo.
Il fieno se bagnato marcisce diventa acido e ha un cattivo odore. L'odore del fieno così come io lo ricordo è il frutto di un lavoro fatto con grande attenzione.
Anche il fienile dove il fieno riposava era un luogo magico: un edificio enorme di mattoni coi tetti di coccio assolutamente vuoto, nel mezzo del paesino, a cui si accedeva da una stradina piccola piccola che permetteva l'accesso a stento al carro con il bue. C'erano in alto nel muro tre finestre, meglio tre buchi rettangolari slabbrati, per il ricambio dell'aria.
Noi ci rotolavamo facendo attenzione a che il forcone che serviva per movimentare il fieno fosse con le punte bene in basso o messo da un'altra parte e cercando di non cascare nella botola che ci avrebbe portato direttamente nella stalla dove veniva fatto cadere il fieno per il bue.
Non è neanche il caso di dire come queste attività fossero severamente proibite perchè pericolose.
Ma puoi leggere Salgari e avere paura di un fienile?
Il risultato: gli odori ti rimangono dentro e non li dimentichi per tutta la vita. Li ritrovi e ritrovi un mondo che non esiste più.
Ma come mai Claudio (nome di fantasia) aveva deciso di fare una panna cotta al fieno? Non sta scritto sui libri, almeno quelli che leggo io. Ci saranno libri esoterici per i cuochi?
O, più semplicemente, gli è venuta così.
I cuochi, quelli veri, si sa sono degli artisti,
Ricevono uno stimolo dall'esterno e lo trasformano in un sapore.
Io trasformo gli stimoli del mondo in colori e immagini, lascio a loro il compito di creare nuovi sapori. Ma certo non mi perdo l’occasione di provarli.
Vado a informarmi, ci dev'essere una storia dietro questa innovazione.
Claudio, sulle prime è reticente: non si possono rivelare i propri segreti!
Gli spiego che non sarei comunque in grado di usarli, sono troppo distratto dalle mie cose, è solo una storia che voglio. Mi piacciono le storie, sono loro che costruiscono il mondo.
C’era una storia. Gli avevano portato le zucche da cucinare dalla cascina adagiate su un letto di fieno odoroso.
(mi sono immaginato il contadino moderno che fa tutto in maniera filologicamente corretta, usando le pratiche di quando io ero piccolo e la plastica non aveva invaso il mondo. Allora era una scelta obbligata, oggi sofisticata. Devo essere davvero vecchio!)
E non se la sentiva di lasciar scomparire nel nulla quel profumo. Doveva immortalarlo.
Conosco questo desiderio di voler salvare dall'oblio le cose che ami.
Con un procedimento che non vi svelerò ( i segreti degli altri non sono tuoi) ha estratto il profumo del fieno e lo ha trasferito alla panna che poi ha cucinato.
( da bravo ex professore di chimica vi posso dire che i profumi che noi respiriamo nell’aria non si sciolgono in acqua ma nei grassi, per cui è abbastanza agevole il trasferimento. Per una spiegazione più completa del processo vi consiglio il profumo di Suskind).
C’era tutto questo nel sottile profumo della panna cotta.
Conclusione: ci sarebbero grandi cuochi se non ci fossero grandi avventori?