C’è una antinomia evidente nel desiderio di praticare una medicina personalizzata, termine oggi di gran moda.
Tutti parlano di medicina di precisione e/o personalizzata ma vogliono praticarla come trattamento personalizzato di una malattia codificata.
La malattia (il diabete, l’ipertensione, la depressione eccetera) sono entità astratte, non reali, create per rendere più semplice la gestione degli ammalati.
La realtà vera sono individui singoli e tutti diversi, affetti da un qualche tipo di disagio.
Quale è il senso di creare una norma astratta per poi riadattarla all’individuo reale? Occorre trovare il modo di individuare i motivi del disagio del singolo.
Un viaggio di sola andata, non di andata e ritorno.
Questa differenza è particolarmente evidente nelle malattie psichiatriche, dove pochi sono i parametri misurabili in maniera univoca, esprimibili con un numero, pesabili.
In realtà ci si rende conto che essendo gli individui uno diverso dall’altro, ciascuno di loro potrebbe anche usare un linguaggio diverso. Se così fosse, sarebbe impossibile qualunque dialogo tra le persone; quindi se vogliamo vivere in una società dobbiamo costruire delle parole, dei simboli che abbiano un significato medio da tutti comprensibile.
È chiaro che questo significa che moltissime sfumature andranno perse in questo modo e a quel punto incominceremo a lamentarci perché la lingua è imprecisa, ma se la lingua è imprecisa, come possiamo fare una medicina precisa, personalizzata?
E così ci rendiamo conto che noi viviamo in una perenne antinomia tra il bisogno di comprendersi e di comunicare l’un l’altro e al tempo stesso di non perdere la nostra identità solo per comunicare con l’altro.
Se ci penso bene quando sento raccontare di storie di pazienti schizofrenici che perdono il confine del loro corpo e si vedono penetrare gli altri dentro e vedere gli altri corpi dentro se stessi, tutto questo può essere semplicemente un’esagerazione della sensazione di non sentirsi riconosciuto come individuo diverso dagli altri. Io mi devo adeguare alla norma esterna. Devo essere un uomo, un padre, un marito, un nonno, un insegnante, un allievo.
Cosa mi occorre per essere con tutte cose al di fuori di me? Come mi difendo?
L’uomo normale, perlomeno così definito, ha imparato che deve sopportare questa sorta di violenza per vivere in una società, adeguarsi a un linguaggio condiviso e perdere qualcuna delle sue caratteristiche che lui ritiene sue peculiari per poter avere un titolo di studio, un lavoro, una pensione.
Quando non gli riesce più bene questa rinuncia alle proprie caratteristiche personali, entra nella sfera che noi definiamo pazzia.
Qualche volta i pazzi ci fanno piacere, ci aiutano, ci fanno vedere delle cose, manifestano delle angosce che noi non saremmo capaci di tirare fuori e se lo fanno bene, scrivendo un libro, componendo della musica, dipingendo un quadro, noi li chiamiamo artisti; però subito dopo li riconduciamo alla normalità, trasformando le loro opere che volevano essere un grido di protesta in un oggetto di mercato, riportandoli ad un concetto comune: le tue opere noi ce le scambiamo in cambio di soldi, decidiamo noi il valore delle tue opere.
In questo modo il povero artista, il povero matto, viene ricondotto, anche contro la sua volontà alla ragione, la ragione del mercato degli altri che non capiscono nulla.
Mi ricordo, a questo proposito, un collega tedesco che tanti anni fa mi diceva: voi italiani siete grezzi, non siete sensibili come noi tedeschi.
Noi per la vostra parola malinconia abbiamo almeno sette diverse sfumature, con sette termini diversi, voi una parola sola.
Lui mi aveva detto quali erano queste sfumature, ma io mi sono dimenticato le parole tedesche, rimane il fatto che effettivamente le parole, le definizioni dei sentimenti e tutte queste cose sono uno strumento culturale con significati diversi da posto a posto, e che ci permette di definire delle caratteristiche comuni ad una certa popolazione. Questo ci dice che l’allegria o la tristezza non sono le stesse nelle diverse popolazioni, pensate voi: possono essere uguali in persone diverse?
Delle parole non possiamo fare a meno, ma dobbiamo ricordarci sempre che il loro significato include non solo quello che dicono esplicitamente, ma anche quello che hanno cancellato per definire un concetto preciso.
Le parole sono nitide, ma la realtà sottostante è fuzzy e noi dobbiamo interagire con la realtà.
Il lato oscuro delle parole
Buono
Cattivo
Preciso
Errore di misura
Dati borderline
la vita è fatta di norme (regole astratte) che ci dicono che cosa è normale
Anche per gli esami di sangue esiste una norma, un itervallo tra il più alto e il più basso dei valori normali.
Il computer ti mette un asterisco vicino al dato se sei fuori da questo intervallo.
TSH: intervallo da 0,35 a 4,2.
ma se io ho 4,1 (no asterisco) o 4,2 (asterisco) sono realmente diverso? evidentemente no. Ogni variazione anche all'interno della normalità ha un senso. Essere dal punto di vista del range normali, non significa essere uguali.
Ossessivo