Intossicazione da sovradosaggio di paracetamolo e terapia
Il paracetamolo (acetaminofene) è un derivato dell'acetalinide e della fenacetina, entrambi derivati dell'anilina.
Il paracetamolo, impiegato come analgesico ed antipiretico, presenta, a dosi terapeutiche, un minor numero d'effetti secondari rispetto all'acido acetilsalicilico e agli antiinfiammatori. L'attività analgesica del paracetamolo, secondo alcuni ricercatori, è dovuta alla sua proprietà d'elevare la soglia del dolore con meccanismi non ancora chiariti. Il suo meccanismo d'azione come antipiretico consiste nell'inibizione della prostaglandino-sintetasi, tappa della cascata dell'acido arachidonico, a livello del SNC. Il paracetamolo possiede scarso effetto sull'analogo enzima a livello periferico e questo giustificherebbe la sua debole azione antiinfiammatoria. Il metabolismo del paracetamolo è essenzialmente epatico con formazione di metaboliti glicurono e solfo-coniugati; una minima parte viene trasformata in un composto attivo neutralizzato dal glutatione ridotto. A dosi tossiche di paracetamolo, la capacità neutralizzante del glutatione ridotto viene oltrepassata e si verifica necrosi cellulare.
La dose terapeutica è di 10-15 mg/Kg fino ad un massimo di 2.5- 3 g/24 h. Dosi tossiche di paracetamolo (150-200 mg/kg) possono essere raggiunte in seguito ad una ingestione massiva o per assunzione cronica del farmaco in adulti e in bambini. (anestit.unipa)
Sovradosaggio: il paracetamolo presenta un indice terapeutico (rapporto fra DL50 e DE50) molto basso per cui dosi anche di poco superiori a quelle terapeutiche possono provocare intossicazione per sovradosaggio del farmaco. Il sovradosaggio si verifica, nei pazienti adulti, per dosi di 7,5-10 g e determina necrosi delle cellule epatiche e renali; dosi di 25 g sono potenzialmente letali. Nei bambini sono considerate potenzialmente epatotossiche dosi pari o superiori a 150 mg/kg. Per valutare il rischio di sviluppo di danni epatici, la concentrazione plasmatica di paracetamolo deve essere dosata dopo 4 ore dall’intossicazione. Concentrazioni di paracetamolo superiori a 300 ug/ml dopo 4 ore dall’ingestione o superiori a 45 ug/ml dopo 15 ore determinano nel 90% dei pazienti gravi lesione epatiche; concentrazioni superiori a 120 ug/ml dopo 4 ore o a 30 ug/ml dopo 12 ore determinano lesioni epatiche moderate. I sintomi compaiono entro 24 ore dall’ avvelenamento: nausea, vomito, sedazione, sudorazione, dolore addominale. Quest’ultimo può indicare l’inizio del danno epatico; si manifesta entro 24-48 ore dall’intossicazione e raggiunge l’apice, in genere, entro le 72-96 ore. Altri sintomi di epatotossicità comprendono incremento delle transaminasi e della concentrazione sierica di bilirubina, aumento del tempo di protrombinemia a più di 20 secondi. Seguono insufficienza epatica, encefalopatia, coma e morte. L’insufficienza epatica può presentarsi complicata da acidosi, edema cerebrale, emorragia, ipoglicemia, ipotensione, infezione e insufficienza renale. Il rischio di epatopatia è maggiore in pazienti con anamnesi di alcolismo o in terapia con farmaci che inibiscono il metabolismo del paracetamolo; in caso di digiuno o di diete a basso contenuto proteico, in caso di carenza di vitamina E. L’insufficienza renale si manifesta in genere associata a quella epatica ma può comparire anche in assenza di disfunzioni epatiche. In caso di sovradosaggio si possono manifestare anche alterazioni della funzionalità cardiaca e pancreatite.
Il danno epatico dovuto a sovradosaggio è causato da un metabolita del paracetamolo altamente reattivo, l’N-acetil-p-benzochinoneimina.
A dosi terapeutiche, la quantità di metabolita che si forma per azione di ossidasi epatiche e renali viene eliminata tramite coniugazione con glutatione ed escreta come coniugato con mercaptopurina e cisteina.
A dosi superiori a quelle terapeutiche, la quantità di metabolita supera la disponibilità di glutatione che viene completamente esaurito nel tentativo di eliminare la benzochinoneimina; il metabolita in eccesso si accumula nell’organismo e si lega ai gruppi sulfidrilici delle cellule epatiche alterandone la funzionalità.
La somministrazione di sostanze in grado di ripristinare le scorte cellulari di glutatione, come l’acetilcisteina e la metionina, permettono di eliminare il metabolita in eccesso e costituisco quindi validi antidoti in caso di avvelenamento da paracetamolo. (pharmamedix)
terapia: Il trattamento da praticare in caso d'intossicazione da paracetamolo consiste nelle misure generali ed in quelle specifiche. Le prime sono comuni a tutte le intossicazioni e mirano al sostegno delle funzioni vitali.
Il trattamento del sovradosaggio prevede quindi:
• lavanda gastrica, se il paracetamolo è stato ingerito entro le 4 ore precedenti;
• somministrazione di carbone attivo, colestiramina entro 1 ora dall’ingestione dell’antipiretico;
• infusioni glucosate (controllo ipoglicemia);
• trasfusioni di plasma o fattori della coagulazione (controllo ipoprotrombinemia);
• somministrazione parenterale di fluidi in caso di vomito;
• somministrazione di composti sulfidrilici quali acetilcisteina e metionina (antidoti).
L’ n-acetilcisteina (NAC) è un derivato della cisteina che costituisce la porzione centrale del glutatione. Il NAC probabilmente svolge una funzione epatoprotettrice mantenendo o restaurando il livello di glutatione oppure come substrato alternativo per la detossificazione dei metaboliti tossici del paracetamolo.
Prima della somministrazione va eseguito un prelievo ematico per dosare il paracetamolo e comparare il risultato con il nomogramma di Rumack-Matthew.
Se la concentrazione plasmatica cade al di sotto della zona di possibile rischio e non si hanno sintomi clinici non è necessario un ulteriore trattamento. Se la concentrazione plasmatica è al di sopra della zona di possibile rischio ( 150 ug/ml a 4 ore), bisogna somministrare una dose di carico di acetilcisteina di 140 mg/kg PO o mediante sondino gastrico, seguita da 17 ulteriori somministrazioni alla dose di 70 mg/kg a intervalli di 4 ore; ogni dose vomitata entro 1 h dalla somministrazione va ripetuta. (msd-italia)
Il dosaggio plasmatico del paracetamolo è importante per un’esatta valutazione del rischio tossico e per l’ottimizzazione della terapia antidotica, ma il NAC deve essere somministrato anche nell’impossibilità della determinazione della paracetamolemia in presenza di una dose tossica (vera o presunta) del farmaco.
Poiché gli antiistaminici, gli steroidi, il fenobarbital e l'acido etacrinico stimolano tutti il sistema del citocromo P450, devono essere evitati durante il trattamento dell'avvelenamento da paracetamolo. (Anestit.unipa)
(msd-italia)