Antidepressivi a rischio di diabete
L'uso di farmaci antidepressivi è fortemente associato al rischio di sviluppare diabete. Nei diabetici il rischio di depressione è del 50-100 percento superiore rispetto alla popolazione generale, ed inoltre la depressione nei diabetici è associata a maggiori tassi di complicazioni e mortalità ed a maggiori costi sanitari. Se si provasse che gli antidepressivi sono un fattore di rischio indipendente di diabete, la cosa andrebbe considerata nel prescrivere questi farmaci nei pazienti che già ne sono ad alto rischio. Una possibilità sarebbe considerare un trattamento psicologico per evitare i potenziali effetti iatrogeni degli antidepressivi, benché la limitazione delle risorse potrebbe impedirlo: la terapia cognitivo-comportamentale è stata associata ad un miglioramento del controllo glicemico, il che suggerisce un potenziale beneficio per i pazienti ad alto rischio di sviluppare diabete. (Diabetes Care 2008; 31: 420-6)
Insonnia coesiste con depressione nei giovani
L'insonnia tende a coesistere con la depressione nei giovani adulti, piuttosto che conseguire ad essa. Depressione e sintomi depressivi sono i più grandi e costanti fattori di rischio di insonnia, ma di contro l'insonnia è un frequente sintomo di depressione, e si ipotizza spesso che si tratti di un elemento antecedente o di un fattore di rischio. Fino ad oggi, comunque, pochi fattori hanno esaminato i dati longitudinali prospettici derivanti da campioni rappresentativi della comunità per definire la correlazione fra insonnia e depressione. In realtà, le forme "pure" dei due disturbi non risultano correlate, ma vi è uno spettro di disturbi del sonno che si affianca alla depressione: l'insonnia è un disturbo di natura persistente, e chi ne soffre risulta a rischio di sviluppare depressione. Studi futuri sulla storia naturale dell'insonnia e sulla sua correlazione con la depressione ed altri disordini psichiatrici dovrebbero considerare altri metodi di definizione della gravità della sindrome: ad esempio, non è noto se i sintomi dell'insonnia divengano più gravi o gli episodi più frequenti nel tempo. (Sleep. 2008; 31: 473-80)
Depressione peggiore nell'anziano insonne
I pazienti anziani depressi con insonnia persistente hanno una probabilità 3,5 volte maggiore di resistere al trattamento rispetto alle loro controparti non insonni. Tipicamente si pensa alla depressione come a un disordine importante con sintomi come l'insonnia, e si crede che trattando la depressione anche i sintomi collaterali scompaiano, ma in alcuni pazienti apparentemente l'insonnia persiste, ed il paziente continua ad essere depresso. Ciò implica che nei pazienti depressi dovrebbe essere investigata l'eventuale presenza di insonnia, ed in caso trattarla contemporaneamente alla depressione. Attualmente vi sono dati che dimostrano che è possibile trattare l'insonnia con la terapia cognitivo-comportamentale allo stesso tempo in cui si tratta la depressione con mezzi farmacologici. (Sleep. 2008; 31: 481-8 e 489-95)
Metabolica a rischio di depressione
La sindrome metabolica potrebbe essere un fattore predisponente per lo sviluppo della depressione. L'aumento dell'incidenza della sindrome metabolica suggerisce che l'incidenza della depressione potrebbe quindi aumentare di conseguenza, e di converso prevenzione e trattamento efficaci della sindrome metabolica potrebbero ridurre l'incidenza della depressione. In futuro si renderanno necessari nuovi studi a lungo termine per chiarire il decorso e la prognosi nel lungo periodo, il trattamento più appropriato ed il quadro sintomatologico specifico della depressione in relazione alla sindrome metabolica. (J Clin Psychiatry 2008; 69: 178-82)
Depressione: elevato turnover della serotonina
I pazienti depressi non trattati presentano un elevato turnover cerebrale della serotonina. La visione tradizionale secondo cui la depressione è dovuta ad una riduzione della neurotrasmissione serotoninergica cerebrale potrebbe necessitare di una revisione, ed i meccanismi alla base degli effetti terapeutici degli SSRI potrebbero non essere semplici quanto comunemente percepito. E' necessario ora valutare altri fattori neurochimici e genetici per ricercare possibili interazioni, e su un altro campione usare un farmaco che agisca su un altro sistema neurochimico e controllare se si ottiene una risposta analoga. Va ancora accertato quale sia il vero effetto terapeutico, e se esso sia un effetto diretto del farmaco sul sistema serotoninergico o qualcosa di indiretto. ( Arch Gen Psychiatry 2008; 65: 38-46 )
Depressione comune fra gli adulti diabetici
In base ad un'indagine telefonica condotta negli USA, la depressione maggiore è altamente prevalente nei pazienti diabetici, con un picco di prevalenza fra i 30 ed i 39 anni ed una maggiore frequenza nelle donne. I soggetti più frequentemente depressi sono quelli con diabete di tipo 2 che fanno uso di insulina, e meno quelli che non ne fanno uso o quelli con diabete di tipo 1. I tassi più bassi si osservano nella razza asiatica, mentre i maggiori sono stati riscontrati negli indiani americani e nei nativi dell'Alaska. Dato il rischio di depressione maggiore, i medici che assistono i pazienti diabetici dovrebbero sottoporli di routine a screening per questa patologia. ( Diabetes Care 2008; 31: 105-7 )
Un gene predice il successo degli antidepressivi
Le varianti del gene ABCB1 del cromosoma 7 possono predire le risposte del paziente ad alcuni antidepressivi. Questo gene codifica il trasportatore P-gp, una proteina che pompa molte sostanze fuori dall'encefalo e può impedire che i medicinali raggiungano concentrazioni efficaci nel SNC: se trattati con medicinali che sono substrato della P-gp, i pazienti depressi con una variante attiva ABCB1 potrebbero non andare incontro a risoluzione del problema. Sorprendentemente, struttura, carica, idrofobia e lipofilia non possono predire se un farmaco sia o meno un substrato P-gp, ma tutti i farmaci somministrati ai pazienti depressi dovrebbero essere analizzati riguardo questa caratteristica tramite l'uso di un modello murino, ed inoltre sarebbe opportuno procedere al rilevamento del profilo genetico del paziente. ( Neuron 2008; 57: 203-9 )