Osteoporosi transitoria dell'anca
Osteoporosis

Author: valentina casale
Date: 07/05/2009

Description

L’osteoporosi transitoria dell’anca è un’affezione definibile come rara, autolimitantesi, caratterizzata da coxalgia e osteopenia che interessa l’epifisi prossimale del femore, a carattere transitorio ed eziologia sconosciuta.

La malattia colpisce generalmente soggetti in fasce d’età dai 30 ai 50 anni, nella maggior parte dei casi di sesso maschile in proporzione di 3 a 1 rispetto alle donne, nelle quali è segnalata soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza o nel post-partum (Guerra J. J. et al, 1995).

L’EZIOLOGIA dell’osteoporosi transitoria dell’anca non è ben chiarita.

La teoria più accreditata si collega alla fisiologica diminuzione dei valori del ferro nel sangue della madre: ciò si verifica in quanto il volume ematico circolante aumenta, la placenta deve continuare il suo sviluppo e il feto necessita di crearsi una propria riserva di ferro che gi servirà nei primi mesi di vita. La madre, dunque, sviluppa una transitoria anemia, che può contribuire al rilascio della proteina HIF, allo scopo di ristabilire il giusto equilibrio tra produzione ematica ed apporto di ossigeno. Ecco perché durante la gravidanza è necessario che la gestante assuma con la dieta notevoli quantità di ferro.

Alla base potrebbe anche esserci un’infezione: il conseguente calo del FERRO (sia per consumo da parte dell’organismo sia per sequestro da parte dell’agente eziologico) causerebbe una diminuzione degli ESTROGENI in circolo. Di conseguenza noi avremo stimolo dell’osteoclastogenesi (normalmente gli estrogeni ostacolano proprio tale processo) grazie ad un aumento dei precursori e delle citochine che favoriscono l’osteoclastogenesi (TNFα e RANKL, ad esempio).

Per quanto riguarda le donne nel loro terzo trimestre di gravidanza, si può ipotizzare che un’ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di tale patologia sia la spontanea variazione dell’orientamento del bacino nella donna: andando infatti in antiversione, si crea un conflitto femoro-acetabolare ogni volta che vi sia flessione della gamba sull’addome. Di conseguenza l’irritazione che tale processo provoca può facilmente spiegare lo sviluppo dell’edema a livello della testa femorale, fino a poter arrivare ad una sindrome algoneurodistrofica. Tale sintomatologia andrebbe poi sfumando spontaneamente.

Alcuni attribuiscono lo sviluppo di tale patologia ad un insulto ischemico transitorio. Tale teoria prevede che l’ischemia possa essere di lieve o di grave entità e le conseguenti alterazioni possano essere lievi e reversibili (edema midollare-osteoporosi transitoria) o gravi ed irreversibili (osteonecrosi). A conferma di tale ipotesi eziopatogenetica vi è il reperto istologico, del tutto aspecifico, che rivela la presenza di morte cellulare di lieve entità, specie del midollo rosso e giallo.

Nella prima fase della malattia (fase perfusionale) si hanno alterazioni funzionali legate all’ischemia che dopo circa 48 ore diventano morfologicamente apprezzabili all’esame istologico, con i segni della morte cellulare a carico delle cellule midollari. A questa prima fase ne segue una seconda (midollare) nella quale, in seguito alla morte cellulare, si instaura un quadro di edema midollare che può determinare aumento della pressione endomidollare, causante a sua volta ostacolo sia alla perfusione sanguigna che al deflusso venoso, con ulteriore peggioramento dello stato ischemico.

La stasi venosa e l’imbibizione edematosa determinano una ricaduta sul metabolismo osseo, conducendo allo sbilanciamento del turn-over osseo in favore della demolizione (osteopenia) sia per l’azione stimolante svolta dall’iperemia sull’attività osteoclastica, sia per l’effetto inibitore che la stasi venosa determina sull’attività osteoblastica (Tamburini O. et al, 1995). L’aumentata attività osteoclastica, risultante in un aumentato turnover osseo e una perdita ossea, porta ad un rapido deterioramento dell’architettura e stabilità dell’osso (Ringe J. D. et al, 2005).

Tale affezione solitamente esordisce con una prima fase caratterizzata da sintomatologia dolorosa aspecifica che il paziente riferisce all’inguine, al gluteo od alla superficie anteriore della coscia, che si irradia seguendo il decorso ed i dermatomeri di pertinenza del nervo otturatorio, provocando zoppia e limitazione funzionale, in particolare dell’abduzione e della rotazione esterna.

La sintomatologia tende ad aggravarsi progressivamente. L’evoluzione del quadro clinico progredisce nel giro di poche settimane. Nei primi due mesi di malattia vi è un peggioramento della sintomatologia , cui segue una graduale regressione della stessa nel volgere dei successivi 3-4 mesi.

L’esito pressoché costante è la guarigione spontanea nell’arco di 4-24 mesi, con una durata media della malattia di circa 6 mesi (Guerra J. J. et al, 1995). Quindi il decorso della malattia appare benigno, con quadri clinici di completo recupero (Berger C.E. et al, 2003; Harrington S. et al, 2000; Krause R. et al, 2002; Radke S. et al, 2004; Ringe J. D. et al, 2005; Varenna M. et al, 2005).

L’esame neurologico è normale. I tests raccomandati comprendono: manovre manuali di resistenza all’elevazione dritta della gamba, nelle quali il dolore è suscitato all’inguine oltre i 30 gradi di flessione, manovre di compressione o rotazione dell’ arto.

Poiché l’ evoluzione naturale della patologia è la risoluzione spontanea, la terapia ha unicamente lo scopo di ridurre la sintomatologia algica e di prevenire il rischio di fratture che possono verificarsi in seguito alla riduzione della densità ossea .

Tra i trattamenti proposti più utilizzati abbiamo:

  • Discarico dell’articolazione
  • Magnetoterapia
  • Camera iperbarica
  • Analgesici (in associazione ad altre terapie)
  • Corticosteroidi
  • Calcitonina
  • Bisfosfonati
  • Iloprost
  • Discarico ed analgesici

Soffermandosi sui casi delle donne in gravidanza:

merita un discorso particolare lo sviluppo della “Bone marrow edema sindrome”:

La patogenesi di tale affezione è ancora oggetto di discussione , tuttavia si potrebbe ipotizzare che vi sia un tentativo di far fronte alla transitoria ischemia che si ha nelle prime fasi della patologia: ciò stimolerebbe l’attivazione degli HIF (Hypoxia-inducible Factors) a livello nucleare, con aumento del rilascio del fattore di crescita VEGF. Come conseguenza si avrebbe angiogenesi, ma anche aumento della permeabilità capillare e formazione dell’edema, appunto.

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