Glycemic Index
Diet

Author: Maria Alimova
Date: 01/06/2008

Description

The Glycemic index or GI is a measure of the effects of carbohydrates on blood glucose levels. Carbohydrates that break down rapidly during digestion releasing glucose rapidly into the bloodstream have a high GI; carbohydrates that break down slowly, releasing glucose gradually into the bloodstream, have a low GI. For most people, foods with a low GI have significant health benefits. The concept was developed by Dr. David J. Jenkins and colleagues [1] in 1980–1981 at the University of Toronto in their research to find out which foods were best for people with diabetes.

Glycemic index at Linus Pauling

L'indice glicemico


L'indice glicemico di un carboidrato esprime la velocità con cui aumenta la glicemia (la concentrazione di glucosio nel sangue) in seguito all'assunzione di 50 g del carboidrato sotto esame. L'indice glicemico è espresso in termini percentuali, rapportandolo alla velocità di aumento con la stessa quantità di glucosio (indice pari a 100): un indice glicemico di 50 vuol dire che l'alimento innalza la glicemia con una velocità che è la metà di quella del glucosio. Ricordiamo che, ai fini salutistici, più dell'indice glicemico, è però importante il carico glicemico. L'indice glicemico nella tabella è stato riferito al glucosio. In altre tabelle che si trovano nella letteratura scientifica l'alimento di riferimento non è il glucosio, spesso il pane bianco, un cibo tipico più vicino alla realtà quotidiana rispetto al classico glucosio, che viene usato solo in studi scientifici. Per calcolare l'indice glicemico rispetto al pane bianco basta moltiplicare per 1,37.
NOTA - Per calcolare sperimentalmente l'indice glicemico di un alimento che non è un carboidrato puro si fa assumere al soggetto non 50 g dell'alimento, ma una quantità tale che contenga 50 g di carboidrati. Se l'alimento contiene molta acqua tale quantità può essere significativa; per esempio per avere 50 g di carboidrati occorre assumere circa 800 g di albicocche. Riferendosi alla tabella sottostante si trova che 800 g di albicocche provocano la stessa reazione insulinica di 50 g (crudi, cioè circa 125 g di pasta cotta) di spaghetti.
L'unica tabella attendibile è la celebre International table of glycemic index and glycemic load values (Foster-Powell K, Holt SH, Brand-Miller JC. Human Nutrition Unit, School of Molecular and Microbial Biosciences, University of Sydney, NSW, Australia.) pubblicata su Am J Clin Nutr. 2003 Apr; 77(4): 994.
La versione dell'indice glicemico riferito al glucosio:

TABELLA INTERNAZIONALE DELL'INDICE GLICEMICO

Il grande abbaglio dell'indice glicemico

Nella tabella sono codificati circa 1.700 alimenti (in fondo alla pagina un brevissimo sunto). Per capire come sia insulso cercare di basare l'alimentazione solo sugli indici glicemici, basta consultarla!
Infatti si scopre che l'indice glicemico di un alimento dipende da:

varietà (per esempio le diverse varietà di un frutto hanno indice glicemico diverso);
tempo di raccolta (un frutto acerbo ha un indice glicemico diverso da un frutto molto maturo);
zona geografica di produzione (per esempio una mela coltivata in Danimarca o in Italia);
modalità di produzione (per esempio i vari prodotti "industriali");
il contenuto di grassi e di proteine (per esempio il gelato);
il contenuto in fibre (per esempio i veri corn flakes, ricchi di fibre, vs. i corn flakes più calorici molto più simili ai biscotti);
la conservazione e l'essiccazione;
il metodo di cottura (per esempio bollire o cuocere al forno varia l'indice glicemico);
la durata della cottura (per esempio pasta al dente o leggermente scotta);
gli altri ingredienti della ricetta (la pasta al pesto avrà indice glicemico diverso dalla pasta al pomodoro).
Nella nostra tabella sottoriportata (una nostra sintesi della tabella australiana) indichiamo solo alcuni dati su cui lavorare per evitare molti luoghi comuni. Notiamo come giocando sulla varianza dell'alimento e molti altri fattori si possa arrivare a conclusioni spesso opposte. Inoltre facciamo notare che gli unici dati fissi dipendono dal fatto che nella tabella australiana, seppur completissima, spesso figura un solo esempio (per esempio per la ciliegia è riportato il tipo coltivato in Canada; per il croissant solo un tipo di una marca canadese ecc.)
Esempi di variabilità dell'indice glicemico - Gli esempi di variabilità sono molteplici:

Il caso più eclatante è quello del pane. In Messico usano speciali inibitori enzimatici e si ottiene un pane che varia attorno a 30 come indice glicemico; la baguette francese è invece attorno ai 100 con 110 come massimo. La media è attorno a 70, ma è una media che dice poco...
Stessa cosa per le patate; se al forno il loro indice glicemico varia da 56 a 111 (media dei casi a 85±12); se bollite, varia da 56 a 101 (molte tabelle riportano solo quest'ultimo dato!).
Per citare un frutto, l'indice glicemico della banana varia da 30 a 75 con una media di 52 circa. Notate come anche gli altri frutti varino piuttosto pesantemente.
L'indice glicemico del riso varia da 48 a 112 (bollito 13 minuti, dato di un prodotto italiano), ma si scopre che il valore dipende decisamente dalla varietà: per l'Arborio del nostro classico risotto siamo a 69±7.
Notate come anche alcune bevande (come Coca Cola, Fanta, Gatorade) siano variabili.
Una varietà di latte intero italiana è stata recensita a indice glicemico uguale a 11, meno della metà della media.
Eclatante anche il caso del miele il cui indice glicemico varia da un tipo a 32 a un altro a 95.
E questi non sono che alcuni esempi...
Praticamente nelle tabelle che si trovano comunemente vengono passate le medie con la stessa precisione scientifica dell'esempio del mezzo pollo a testa con il poveraccio che muore di fame perché il pollo intero me lo sono mangiato io.
In pratica è veramente difficile sapere con esattezza l'indice glicemico degli alimenti che entrano nella nostra alimentazione.
Quindi la dieta italiana ritiene ortoressico il valutare l'indice glicemico alla base della propria alimentazione (vedasi dieta di Montignac e le indicazioni di altri modelli o di ambienti salutistici): basta il semplice vincolo del sovrappeso per non avere problemi. In altri termini, basta essere magri!

Indice glicemico – Tabella pratica Alimento Indice glicemico
Albicocca da 57 a 64
All-Bran (cereali ad alto contenuto di fibra) 42±5
Ananas 59±8
Arancia da 31 a 51
Banana (Sudafrica) 70±5
Biscotti (Oro Saiwa, Italia) 64±3
Carote 47±16
Ciliegie 22
Coca Cola 58±5
Croissant 67
Corn flakes (KELLOG'S, USA) 91
Cracker da 52 a 98
Datteri (secchi) 103±21
Fagioli 29±9
Fanta 68±6
Fruttosio 19±2
Gatorade 78±13
Gelato (vaniglia e cioccolato, Italia) da 57 a 80
Glucosio 100
Kiwi 53±6
Latte di soia 32±2
Latte intero 27±4
Latte scremato 32±5
Maccheroni 47±2
Mango 51±5
Mela da 28 a 44
Miele da 32 a 95
Muffin da 44 a 102
Muesli da 39 a 75
Pane integrale 53±3
Pane bianco da 30 a 110ÿ
Pane di frumento senza glutine 76±5
Pane di segale da 50 a 64
Patate al forno 89±12
Patate bollite da 56 a 101
Patate fritte (surgelate) 75
Pera 38±2
Pesca fresca da 28 a 56
Pesche in scatola da 30 a 71
Pizza al formaggio (Italia) 80
Popcorn 72±17
Prugna 39±15
Riso bianco da 48 a 112
Saccarosio/zucchero di canna 68±5
Spaghetti 57±6
Succo d'ananas 46
Succo d'arancia 50±4
Succo di mela 40±1
Succo di pompelmo 48
Succo di pomodoro 38±4
Uva da 46 a 59
Yogurt bianco 36±4
Yogurt magro da 14 a 45

Diabete: dieta a basso indice glicemico batte cereali
Seguire una dieta ricca in alimenti a basso indice glicemico, come il pane integrale di segale o ai semi di lino, fagioli, piselli, lenticchie e frutta a guscio, garantisce maggiori miglioramenti nel controllo glicemico rispetto ad una dieta ricca in fibre di cereali nei pazienti diabetici: la dieta a basso indice glicemico infatti porta nell'arco di sei mesi ad una maggiore diminuzione dell'HbA1c ed ad un maggiore aumento dei livelli di colesterolo HDL. I carboidrati a lento rilascio sembrano dunque comportare benefici metabolici ai pazienti diabetici: venendo rilasciati lentamente nel tratto intestinale, questi carboidrati vengono assorbiti altrettanto lentamente, e con il tempo i tessuti vengono insulinizzati, assorbendo il glucosio senza che la sua concentrazione ematica tocchi dei picchi. (JAMA. 2008; 300; 2742-53)

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