HIV
News (Medical)

Author: monica mangioni
Date: 24/01/2008

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Roma, 21 giu. (Adnkronos Salute) - Insegnare all'organismo a controllare l'Hiv senza più bisogno di assumere medicinali 'a vita'. Ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità, guidati da Andrea Savarino, hanno messo a punto uno specifico cocktail di farmaci che, somministrato per un limitato periodo di tempo, è stato capace di indurre nell'organismo animale l'autocontrollo dell'infezione a seguito della sospensione della terapia. Lo studio, che promette importanti e innovativi sviluppi clinici, verso l'interruzione definitiva del trattamento farmacologico, è stato pubblicato oggi online su 'Plos Pathogens'.
"Si tratta di una ricerca molto importante – sottolinea Enrico Garaci, presidente dell'Iss – intanto perché svela nuovi meccanismi farmacologici con cui poter agire contro l'infezione, e poi perché, se i passi successivi confermeranno queste premesse, la cura dell'Aids potrà diventare definitiva e sarà possibile interrompere per sempre la dipendenza dai farmaci che ancora oggi sono numerosi e faticosi da assumere e costituiscono uno dei maggiori ostacoli al trattamento dei pazienti".
Lo studio, che ha come obiettivo quello di eliminare il virus direttamente nei suoi reservoir, nei 'santuari' nei quali è custodito, è davvero innovativo. "Questa è la prima volta - dice infatti Savarino - che una strategia puramente farmacologica produce, nella fase cronica dell'infezione, effetti stabili sul controllo della malattia, al di là dell'intervallo di tempo in cui è somministrata. A seguito all'interruzione della terapia – spiega il ricercatore - il virus prova ad eludere il controllo immunitario ma è ricacciato costantemente a livelli bassi o non rivelabili dalla risposta immune dell'organismo. Ne consegue che la carica virale, a seguito dell'interruzione della terapia, si mantiene a livelli nettamente più bassi rispetto a quelli precedenti il trattamento".
L'articolo chiarisce in particolare il ruolo chiave, nel controllo dell'infezione, del maraviroc , un farmaco di cui si era già osservata la capacità di colpire le cellule resistenti ai trattamenti antiretrovirali. Grazie a questo studio è stato dimostrato che questo farmaco è in grado di limitare la proliferazione dei compartimenti cellulari in cui risiede il virus 'nascosto', limitandone così la propagazione.
Gli stessi compartimenti cellulari sono anche bersaglio di un altro farmaco utilizzato nello stesso studio, il composto a base di sali di oro auranofin, i cui effetti sul virus sono stati già dimostrati dallo stesso gruppo in una precedente pubblicazione. "E' importante rilevare - conclude Savarino - che tutti i farmaci utilizzati sono già approvati per uso clinico sugli esseri umani, il che facilita il passaggio della sperimentazione dal modello animale ai trial clinici".

Terapia anti-TNF per le reumatiche nell'HIV+
I soggetti Hiv-positivi con malattie reumatiche possono essere trattati efficacemente con agenti anti-TNF. Purchè vengano seguite le linee guida in vigore, infatti, le malattie autoimmuni ed autoinfiammatorie che intervengono nell'ambito di un'infezione da Hiv possono essere trattate con le terapie standard utilizzate normalmente nei pazienti altrimenti sani. Ciò nonostante, il potenziale di questi agenti di causare infezioni va discusso attentamente con ciascun paziente prima dell'inizio della terapia. In genere, la terapia anti-TNF non ha un impatto negativo sulla conta cellulare CD4+ o sulla carica virale, e può essere utilizzata per il trattamento di malattie reumatiche resistenti alle terapie standard nei pazienti con Hiv. (Ann Rheum Dis 2008; 67: 710-2)

Contro l'HIV arriva l'inibitore dell'integrasi
Sbarca nel nostro Paese un nuovo farmaco anti-Hiv 'made in Italy'. Si chiama Isentress (raltegravir), è nato all'Istituto di ricerche in biologia molecolare (Irbm) 'Pietro Angeletti' di Pomezia ed è il primo medicinale appartenente alla nuova classe degli inibitori dell'integrasi, che agiscono inibendo l'enzima chiave per la replicazione del virus Hiv, abbassando la carica virale al di sotto delle 50 copie/ml e alzando la conta dei linfociti. In più, il nuovo farmaco di Merck Sharp & Dohme (Msd) promette zero effetti collaterali, tipici delle altre terapie antiretrovirali. "La molecola - ha spiegato Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell'Irbm, nel corso di un incontro con i giornalisti a Pomezia - è stata ideata in Italia nei nostri laboratori, sviluppato in collaborazione con l'Istituto di ricerca Merck&Co in Pennsylvania (Usa) e poi sperimentata a livello clinico di nuovo nel nostro Paese. È infatti italiano anche il primo paziente arruolato per i trial di fase III". "Abbiamo somministrato raltegravir - precisa Adriano Lazzarin, primario della divisione di Malattie infettive Irccs del San Raffaele di Milano - in combinazione con altri farmaci antiretrovirali sia a pazienti sieropositivi mai trattati prima, che a quelli già sottoposti a una terapia antiretrovirale. I risultati hanno evidenziato che raltegravir, rispetto al placebo, associato ad altri medicinali contro l'Hiv, possiede un'attività antivirale di gran lunga più potente rispetto alle terapie combinate finora somministrate. Cioè la percentuale dei pazienti con una virulemia negativa, al di sotto delle 50 copie, quindi con una quantità di virus praticamente assente nel sangue, è risultata praticamente doppia (66 per cento) rispetto a quella del gruppo trattato con placebo (33 per cento)". Isentress, già autorizzato negli Stati Uniti e dall'Agenzia europea del farmaco (Emea), è oggi indicato per i pazienti in cui altre terapie anti-Hiv hanno fallito, ma sono ancora in corso sperimentazioni per verificare l'opportunità d'uso del medicinale come terapia di prima linea.

I pazienti accolgono con favore l'arrivo di questa nuova 'arma' contro l'Hiv: "La messa a punto di nuovi farmaci - ha detto Rosaria Iardino, presidente del Network persone sieropositive - ci ha regalato un'aspettativa di vita di oltre 30 anni. Oggi conduciamo un'esistenza normale, anche se rimangono discriminazioni nell'accesso alle cure, a livello sociale e lavorativo e problemi per il generale abbassamento della guardia nei confronti dell'Aids. Quello presentato ieri è un farmaco sicuramente vincente, ma è fondamentale il rispetto della terapia da parte del malato: non bisogna mai dimenticare di assumere il farmaco. Anzi, l'aderenza alla cura dovrebbe essere superiore al 95 per cento per sfruttare le potenzialità della nuova molecola e non rischiare di sviluppare resistenza".

Hiv: olio di pesce e fenofibrato, meno trigliceridi
L'uso di olio di pesce, con o senza fenofibrato, è efficace nel trattamento dell'ipertrigliceridemia nei pazienti con Hiv. Le malattie cardiovascolari sono divenute uno dei problemi principali per la salute dei pazienti con infezione da Hiv, e l'ipetrigliceridemia è la più comune anomalia lipidica riportata in questi pazienti. E' stato dimostrato che l'olio di pesce è sicuro se somministrato da solo o con fenofibrato, e riduce significativamente i livelli di trigliceridi nei soggetti con infezione da Hiv con ipertrigliceridemia. Attualmente però la maggior parte dei programmi assistenziali farmacologici per l'AIDS e la sanità pubblica non coprono i costi dell'olio di pesce, a prescindere dal fatto se esso sia stato prescritto dal medico o meno. La sua efficacia è stata però comprovata, ed è forse il caso di agevolare l'accesso agli integratori alimentari che possono gestire le comorbidità associate all'AIDS. (J Acquir Immune Defic Syndr 2008; 47: 459-66)

Proteina membrana blocca virioni HIV
E' stata identificata una proteina di membrana che agisce da ligante per l'Hiv, prevenendo il rilascio dei virioni dalle cellule infette: questa proteina, ribattezzata "teterina", è di fatto il fattore CD317, una proteina precedentemente scoperta la cui funzione era sinora ignota. La teterina blocca le particelle di Hiv a due livelli: la superficie cellulare ed i compartimenti endocitosati. In precedenza non erano mai stati scoperti inibitori naturali che lavorassero in questo modo per l'Hiv-1 o qualsiasi altro virus. Fra qualche anno questa proteina potrebbe divenire il target di nuovi farmaci, ed è anche possibile che variazioni in questo fattore siano determinanti della suscettibilità alle malattie virali o alla loro progressione. ( Nature online 2008, pubblicato il 18/1 )

Hiv, IGF correlate a progressione
Elevati livelli sierici di IGF-1 e bassi livelli di IGF-BP3 sono associati ad una grande riduzione del rischio di progressione dell'Hiv nelle donne. L'asse IGF è uno dei principali fattori di regolazione di crescita, proliferazione e sopravivenza delle cellule che influenza quasi ogni sistema d'organo. In particolare, l'IGF-1 incrementa la replicazione delle cellule e le rende meno esposte al rischio di morte, mentre la sua principale proteina di legame, l'IGF-BP3, ha l'effetto opposto. Era stato precedentemente dimostrato che diversi tumori sono associati ad elevati livelli di IGF-1 e bassi livelli di IGF-BP3, ma mentre far replicare le cellule e tenerle vive potrebbe essere un male nei tumori, è possibile che ciò aiuti in presenza dell'Hiv. Incrementando la proteolisi dell'IGF-BP3 sarebbe in teoria possibile diminuirne i livelli ed aumentare quelli di IGF-1 libero e presumibilmente bioattivo, rallentando quindi la progressione dell'Hiv. L'asse dell'IGF ha un potenziale inesplorato nella terapia di un certo numero di infezioni virali, ed il presente studio è il primo passo in questa direzione. ( J Infect Dis 2008; 197: 319-27 )

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