Diabetes Type 2
Diabetes

Author: Gianpiero Pescarmona
Date: 05/12/2007

Description

Type 2 DM begins with insulin resistance, a condition in which cells fail to respond to insulin properly. As the disease progresses, a lack of insulin may also develop. This form was previously referred to as "non insulin-dependent diabetes mellitus" (NIDDM) or "adult-onset diabetes".

Mechanisms ob Blood Glucose raise

  • Muscle- Dependent
    • Insulin resistance
      • Iron deficiency
        • Pregnancy Diabetes
  • Brain/Nerves dependent

Large-scale association analyses identify new loci influencing glycemic traits and provide insight into the underlying biological pathways., 2012

  • Through genome-wide association meta-analyses of up to 133,010 individuals of European ancestry without diabetes, including individuals newly genotyped using the Metabochip, we have increased the number of confirmed loci influencing glycemic traits to 53, of which 33 also increase type 2 diabetes risk (q < 0.05). Loci influencing fasting insulin concentration showed association with lipid levels and fat distribution, suggesting impact on insulin resistance. Gene-based analyses identified further biologically plausible loci, suggesting that additional loci beyond those reaching genome-wide significance are likely to represent real associations. This conclusion is supported by an excess of directionally consistent and nominally significant signals between discovery and follow-up studies. Functional analysis of these newly discovered loci will further improve our understanding of glycemic control.

Diet

Low Carbohydrate Diet 2007

Possible role of alpha-cell insulin resistance in exaggerated glucagon responses to arginine in type 2 diabetes. 2007

Tipo 2: ruolo predittivo antagonista recettore IL-1
Elevati livelli dell'antagonista del recettore dell'IL-1 (IL-1Ra), un inibitore naturale dell'IL-1 beta, precedono l'insorgenza del diabete di tipo 2. E' stato dimostrato che questo antagonista recettoriale migliora la funzionalità delle cellule beta ed il controllo glicemico nei pazienti con diabete di tipo 2, ma la correlazione fra i suoi livelli base e l'insorgenza del diabete non era stata ancora esplorata. Quanto rilevato lascia pensare che il fisico tenti di contrastare i disturbi proinfiammatori prima della comparsa della malattia stimolando i marcatori antiinfiammatori, ma in alcuni casi fallisca. Rimane da accertare se un'ulteriore stimolazione di questa risposta antiinfiammatoria possa aiutare a prevenire o ritardare la comparsa del diabete di tipo 2. (Diabetes Care 2009; 32: 421-3)

Tipo 2: stretto controllo glicemico non indicato?
Lo stretto controllo glicemico potrebbe non essere l'optimum nei pazienti con diabete di tipo 2. Alcune linee guida in merito fissano dei livelli glicemici target molto bassi per questi pazienti onde evitare o ritardare la comparsa di complicazioni, ma ciò carica il paziente di complessi programmi terapeutici, ipoglicemia, aumento di peso e costi a fronte di benefici al meglio incerti. Il medico dovrebbe invece dare la priorità al supporto di benessere e stile di vita sano, assistenza preventiva e riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare in questi pazienti. Dato che il paziente diabetico è spesso portatore di comorbidità, il medico dovrebbe evitare strategie di controllo glicemico che superino la capacità del paziente di gestire la situazione a livello clinico, psicologico ed economico: obiettivi ambiziosi incentrati sulla malattia che richiedono programmi terapeutici altamente complessi e gravosi possono promuovere frustrazione, mancata aderenza e stress economico in alcuni pazienti. Dato che non è possibile distinguere in modo affidabile l'efficacia di diversi medicinali per il diabete nella riduzione delle complicazioni, la selezione del medicinale andrebbe effettuata sulla base del carico di somministrazione e degli effetti collaterali. (Ann Intern Med online 2009, pubblicato il 20/4)

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Endocrinologia
Diabete tipo 2: scala rischio genetico predice rischio
L'indice di rischio genetico (GRS), combinato con i fattori di rischio convenzionali come il BMI e l'anamnesi familiare di diabete, può aiutare ad identificare sottogruppi di popolazione con un rischio molto elevato di sviluppare diabete di tipo 2. Allo sviluppo di questa malattia contribuiscono fattori sia genetici che ambientali: diversi polimorfismi di singoli nucleotidi a livello di diversi geni sono stati associati al rischio di diabete, ed il GRS si basa su 10 di essi. Al momento attuale, comunque, il GRS non ha molto valore per lo screening del diabete, in quanto le informazioni che aggiunge ai fattori di rischio tradizionali sono molto limitate: ai fini del miglioramento della sua utilità clinica sarebbe necessaria una precisa mappatura genica per l'individuazione della variante causale. Aggiungere altri geni alla lista di quelli considerati, comunque, avrebbe un effetto molto lieve, in quanto nel GRS sono già stati inclusi quelli più significativi. Una via più proficua potrebbe essere quella dello studio dell'interazione fra geni diversi o fra geni e fattori ambientali: per esempio, valori di GSR più elevati sono legati infatti ad un rischio maggiore nei soggetti obesi. Si potrebbero anche ricercare varianti genetiche più rare: nonostante la loro rarità, infatti, il loro effetto combinato potrebbe essere sufficiente a giustificare i fattori di rischio presenti nella storia familiare attualmente non spiegati dalle varianti più comuni. (Ann Intern Med. 2009; 150: 541-50)

Diabete: aspirina riduce rischio
Sussiste un'associazione fra l'uso di aspirina e la diminuzione del rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Gli studi analitici sull'uso di aspirina ed altri FANS ed il rischio di diabete nelle popolazioni umane libere sono stati finora limitati, ma è stato ora dimostrato che i soggetti che fanno uso di un qualche tipo di aspirina hanno un OR pari a 0,86 per lo sviluppo del diabete rispetto agli altri. Da questa correlazione comunque esulano tutti gli altri FANS. La diminuzione del rischio di diabete di tipo 2 può essere aggiunta alla lista dei benefici clinici dell'aspirina, anche se sono necessari ulteriori studi per investigare più a fondo questa associazione. (Am J Med 2009; 122: 374-9)

Proc Natl Acad Sci U S A. 2010 Jul 12. [Epub ahead of print]
Mammalian life-span determinant p66shcA mediates obesity-induced insulin resistance.

Ranieri SC, Fusco S, Panieri E, Labate V, Mele M, Tesori V, Ferrara AM, Maulucci G, De Spirito M, Martorana GE, Galeotti T, Pani G.

Institutes of General Pathology, Laboratory of Cell Signaling, Physics, and Biochemistry and Clinical Biochemistry, Università Cattolica Medical School, 00168 Rome, Italy.
Abstract

Obesity and metabolic syndrome result from excess calorie intake and genetic predisposition and are mechanistically linked to type II diabetes and accelerated body aging; abnormal nutrient and insulin signaling participate in this pathologic process, yet the underlying molecular mechanisms are incompletely understood. Mice lacking the p66 kDa isoform of the Shc adaptor molecule live longer and are leaner than wild-type animals, suggesting that this molecule may have a role in metabolic derangement and premature senescence by overnutrition. We found that p66 deficiency exerts a modest but significant protective effect on fat accumulation and premature death in lep(Ob/Ob) mice, an established genetic model of obesity and insulin resistance; strikingly, however, p66 inactivation improved glucose tolerance in these animals, without affecting (hyper)insulinaemia and independent of body weight. Protection from insulin resistance was cell autonomous, because isolated p66KO preadipocytes were relatively resistant to insulin desensitization by free fatty acids in vitro. Biochemical studies revealed that p66shc promotes the signal-inhibitory phosphorylation of the major insulin transducer IRS-1, by bridging IRS-1 and the mTOR effector p70S6 kinase, a molecule previously linked to obesity-induced insulin resistance. Importantly, IRS-1 was strongly up-regulated in the adipose tissue of p66KO lep(Ob/Ob) mice, confirming that effects of p66 on tissue responsiveness to insulin are largely mediated by this molecule. Taken together, these findings identify p66shc as a major mediator of insulin resistance by excess nutrients, and by extension, as a potential molecular target against the spreading epidemic of obesity and type II diabetes.

Oral Pharmacological Agents for Type 2 Diabetes at endotext.org

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22432110

Glycated Hemoglobin and Risk of Hypertension in the Atherosclerosis Risk in Communities Study. 2012

OBJECTIVEDiabetes and hypertension often co-occur and share risk factors. Hypertension is known to predict diabetes. However, hyperglycemia also may be independently associated with future development of hypertension. We investigated glycated hemoglobin (HbA) as a predictor of incident hypertension.RESEARCH DESIGN AND METHODSWe conducted a prospective analysis of 9,603 middle-aged participants in the Atherosclerosis Risk in Communities Study without hypertension at baseline. Using Cox proportional hazards models, we estimated the association between HbA at baseline and incident hypertension by two definitions 1) self-reported hypertension during a maximum of 18 years of follow-up and 2) measured blood pressure or hypertension medication use at clinic visits for a maximum of 9 years of follow-up.RESULTSWe observed 4,800 self-reported and 1,670 visit-based hypertension cases among those without diagnosed diabetes at baseline. Among those with diagnosed diabetes at baseline, we observed 377 self-reported and 119 visit-based hypertension cases. Higher baseline HbA was associated with an increased risk of hypertension in subjects with and without diabetes. Compared with nondiabetic adults with HbA <5.7%, HbA in the prediabetic range (5.7-6.4%) was independently associated with incident self-reported hypertension (hazard ratio 1.14 [95% CI 1.06-1.23]) and visit-detected hypertension (1.17 [1.03-1.33]).CONCLUSIONSWe observed that individuals with elevated HbA, even without a prior diabetes diagnosis, are at increased risk of hypertension. HbA is a known predictor of incident heart disease and stroke. Our results suggest that the association of HbA with cardiovascular risk may be partially mediated by the development of hypertension.

Algoritmo DMT2 AIFA

Algoritmo DMT2 SIMG

Diabete Italia, dal neopresidente Caputo le principali linee programmatiche
Ogni due minuti in Italia una persona riceve la diagnosi di diabete, ogni sette minuti una persona con diabete ha un attacco cardiaco e ogni 20 una persona muore per questa malattia. Quasi quattromila gli italiani affetti dalla patologia che colpisce indistintamente uomini e donne, adulti e bambini. Questi i numeri forniti dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), alla presentazione del nuovo algoritmo realizzato in collaborazione con la Società Italiana di Diabetologia (Sid) e l'Associazione Medici Diabetologi (Amd), per la gestione del diabete mellito di tipo 2 (T2dm). Si tratta di un innovativo sistema on line, disponibile ad accesso libero sul Portale Aifa nella sezione "Percorsi Decisionali sui Farmaci", in grado di definire il percorso logico ottimale per la definizione della terapia personalizzata per il trattamento di questa patologia. Evidenze dalla letteratura degli ultimi anni, riportate dalle principali Società Scientifiche internazionali, enfatizzano l'importanza di un approccio individualizzato al trattamento del diabete mellito di tipo 2, sia in termini di obiettivo glicemico che di opzioni terapeutiche, al fine di ridurre la mortalità e l'incidenza di complicanze. In considerazione della crescente disponibilità e varietà di farmaci ipoglicemizzanti, l'algoritmo Aifa si propone di fornire agli operatori sanitari e ai pazienti una "guida" all'approccio terapeutico individuale il più possibile aggiornata e di facile utilizzo. Il tutto nell'obiettivo di armonizzare le più recenti evidenze scientifiche con la necessaria appropriatezza prescrittiva e il rispetto della rimborsabilità sostenibile a carico del Servizio Sanitario Nazionale. L'algoritmo si divide in tre sezioni: la prima è dedicata ad individuare l'obiettivo glicemico attuale del paziente, la seconda e la terza ad orientare la scelta della terapia. «L'assistenza delle persone diabetiche - ha sottolineato in un messaggio il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin - rappresenta uno dei principali problemi di organizzazione dei sistemi di tutela della salute». Oggi, inoltre, c'è «una crescente disponibilità e varietà di farmaci. Condivido quindi - ha detto Lorenzin - non solo l'opportunità ma anche la necessità di fornire agli operatori sanitari e ai pazienti una guida all'approccio terapeutico individuale». Una guida che favorirà pure una maggiore appropriatezza delle prescrizioni. Il diabete si sta infatti confermando un'epidemia a livello mondiale e in Italia, ha affermato il presidente Sid Enzo Bonora, oltre un milione di persone non sa di esserne affetto. Ma i farmaci, tuttavia, non bastano: fondamentale è infatti «modificare e mantenere - ha rilevato Luca Pani, Direttore Generale Aifa - uno stile di vita salutare da parte del paziente. Migliorare le proprie abitudini alimentari, ricorrere periodicamente all'esercizio fisico e tenere sotto controllo il peso sono aspetti da adottare e incoraggiare anche nel prosieguo della malattia. La terapia farmacologica va quindi intrapresa o modificata prontamente - ha concluso - nel caso in cui queste misure si rivelino insufficienti a raggiungere o mantenere l'obiettivo glicemico individuato».

Comments
2020-03-17T15:20:46 - Gianpiero Pescarmona

Glutaredoxin mediated redox effects of coenzyme Q10 treatment in type 1 and type 2 diabetes patients.2015

Environmental Factors Lowering GSH

2008-01-22T09:07:56 - davide di dio

1) Definizione del paziente e della storia

sesso: femminile, origine maghrebina
Età : 25
Peso: 60 Statura: 1,65 BMI: 22.03

Anamnesi patologica prossima

*Ricoverata più volte per Pemfigo superficiale in terapia con Metilprednisolone (1,7g/Kg/die)via orale e Azatioprina (100mg/die)
*Diabete Mellito tipo 2 Non Insulino-dipendente dopo 6 mesi dall’inizio dell’assunzione terapia steroidea
*Osteoporosi a seguito di terapia steroidea

Anamnesi patologica remota

*non disponibile

Anamnesi familiare

*non disponibile

E.O.

*Lesioni vescicolo-eritemato-bullose flaccide con evoluzione squamo-crostosa confluenti in ampie chiazze figurate. No coinvolgimento mucose

Esami di laboratorio

*Emocromo: nella norma ad eccezione di Glicemia a digiuno
*Istologico su cute: acantolisi subcornea
*IFD: deposito di IgG e C3 granulare
*IFI: anticorpi Anti-sostanza intercellulare
*Titolo anticorpale: 1/1280

2) Patogenesi

*Il Pemfigo superficiale Fogliaceo è una rarissima patologia dermatologica autoimmune causata dalla presenza di Auto-ab rivolti contro le strutture di adesione intercellulare dell’epidermide. Nel nostro caso, a differenza di quello volgare, gli Auto-ab sono rivolti contro le desmogleine-1 (160Kd) della desmoglea delle cellule degli strati subcornei, provocando acantolisi, cioè il distacco delle cellule subcornee con la successiva formazione, clinicamente visibile, delle tipiche lesioni vescicolo-bullose.
In particolare, per quanto riguarda il nostro caso clinico, la paziente proviene da aeree endemiche come il Maghreb, in cui parteciperebbero alla patogenesi anche particolari fattori ambientali (fra questi un arbovirus che agirebbe da vettore su soggetti predisposti).
Come per altre patologia autoimmuni, la terapia corticosteroidea associati ad immunosoppressori sono la terapia d’elezione in quanto hanno la capacità di indurre la sintesi di citochine anti-infiammatorie e di bloccare la sintesi delle citochine proinfiammatorie. Per questo motivo sono molto utilizzate come terapia in numerose patologie autoimmuni. Terapie prolungate (sopra le 2 settimane) come molto spesso accade possono però produrre una serie di effetti indesiderati soprattutto anche per le massiccie dosi che devono essere utilizzate per avere una buona risposta alla terapia. Nel caso della nostra paziente l’uso prolungato di Metilprednisolone per os ha determinato l’insorgenza di un’insulino-resistenza con conseguente iperglicemia ed instaurazione di Diabete Mellito di tipo 2 ed osteoporosi. Nel DM2 si ha sia una insulino resistenza periferica ma altresì una diminuita produzione di insulina stessa.
Dal punto di vista biochimico i Cortisonici (analoghi del cortisolo)sono costituiti da una struttura di base a 5 anelli, ciclopentaperidrofenantrene. Il cortisolo è un’ormone di origine surrenalica che agisce a vari livelli, ma in particolare agisce a livello epatico stimolando la gluconeogenesi, aumentando in circolo il livello del glucosio, agendo così come ormone della controregolazione in contrapposizione all’insulina prodotta dalle cellule ß-pancreatiche. Ha un’azione cosiddetta diabetogena. Blocca inoltre l’uptake di glucosio a livello periferico, preservandolo solo per l’encefalo. In aggiunta il cortisolo stimola le cellule lipidiche alla lipolisi prelevando dal tessuto adiposo TG scindendolo in glicerolo (indispensabile per le varie tappe della gluconeogenesi)e acidi grassi (fondamentali per la produzione di Acetil-coenzima A).
In questo modo come si può intuire alte dosi di Metilprednisolone utilizzato dalla nostra paziente possono aver influito nell’insorgenza della patologia diabetica. Proprio a questo riguardo sono state effettuate ricerche su tale effetto collaterale della terapia steroidea e immesse in letteratura.
Tali esperimenti utilizzano come farmaco il desametasone (un cortisonico di sintesi con emivita più lunga rispetto al metilprednisolone).L’esempio può però essere esaustivo in quanto la paziente del caso clinico ha assunto il farmaco per un periodo molto lungo(più di 6 mesi). Eccessi di glucocorticoidi¹ sarebbero in grado di indurre apoptosi nelle cellule secernenti insulina (INS-1) tramite il frazionamento dei nuclei e tramite l’aumento dell’attività della Calcineurina (PP-2B) che indurrebbe la defosforilazione delle BAD (membro pro-apoptotico della famiglia delle bcl-2, ) in Serina 155, che così attivate avrebbero effetto pro-apoptotico in tali cellule favorendo la cascata delle caspasi tramite attivazione dapprima della caspasi-9 che taglia ed attiva la caspasi-3. Il programma di morte orami è avviato e una serie di feedback positivo portano obbligatoriamente alla fine del processo. A tal proposito sono stati utilizzati inibitori della calcineurina (deltametrina o anche exendina-4, la cui azione è mimata dalla forskolina) che andrebbero ad impedire l’attivazione delle BAD impedendo la morte cellulare programmata evitando così la perdita delle cellule pancreatiche.
Da questo si può evincere come possa essere possibile che quantità elevate di glucocorticoidi possano indurre una diminuita secrezione insulinica che non sarebbe così in grado di abbassare i livelli di glucosio nel sangue.
Guardando bene l’anamnesi patologia prossima si può notare che la paziente soffre da poco tempo di osteoporosi. Anche in questo caso i glucocorticoidi possono aver influito e non poco sulla patogenesi, in quanto indurrebbero apoptosi² a livello di osteoblasti ed osteociti con soppressione della loro capacità osteosintetica ed avrebbero effetto contrario sugli osteoclasti favorendo la loro azione di riassorbimento osseo. Tali effetti portano alla diminuzione del BMD (bone mineral density) causando osteoporosi.

3) Terapia

*La Terapia in questo caso risulterebbe abbastanza complicata, anche per la presenza ormai accertata di patologie concomitanti al problema iniziale. Recenti studi³ hanno visto una buona guarigione dal pemfigo utilizzando la cosiddetta pulse therapy (terapia endovenosa), in quanto si è visto che la terapia endovenosa rispetto a quella orale è maggiormente tollerata dai pazienti e con migliori risultati e che l’azatioprina⁴ non ha gli stessi effetti benefici della ciclofosfamide a parità di dosi utilizzate.
In ogni modo la nostra paziente è ormai affetta da DM2 e quindi dovrà essere sottoposta a continui controlli della glicemia e stabilire un corretto presidio terapeutico basato su metformina, che funge da attivatore della AMPK⁵ →protein kinasi in grado di inibire la gluconeogenesi attraverso un meccanismo che comprenderebbe l’immediata trascrizione di Egr-1 (early growth response 1) in grado di inibire la Glucosio-6-fosfatasi e la fosfoenolpiruvato carbossilasi entrambi enzim implicati nelle tappe della gluconeogenesi, che solleciterebbe il metabolismo inibendo la sintesi di glucosio. Questo si tradurrebbe in una miglior azione insulinica.
Per quanto riguarda invece l’osteoporosi potrebbero essere utilizzati i Bifosfonati

4) Bibliografia

*¹ ‘Dexamethasone induces cell death in insulin-secreting cells, an effect reversed by exendin-4’.
Ranta F, Avram D, Berchtold S, Düfer M, Drews G, Lang F, Ullrich S.
Institut für Physiologie, University of Tübingen, Gmelinstrasse 5, D-72076 Tübingen, Germany. Diabetes. 2006 May;55(5):1380-90
*² ‘Glucocorticoid-induced osteoporosis: an osteoblastic disease.’
Migliaccio S, Brama M, Fornari R, Greco EA, Spera G, Malavolta N.
Dipartimento di Fisiopatologia Medica, Policlinico Umberto I, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", 00166 Roma, Italy. silvia.migliaccio@uniroma1.it.
Aging Clin Exp Res. 2007 Jun;19(3 Suppl):5-10
*³ ‘Pulse versus oral methylprednisolone therapy in pemphigus vulgaris.’
Shahidi-Dadras M, Karami A, Toosy P, Shafiyan A.
Department of Dermatology, Shaheed Beheshti University of Medical Sciences, Loghman Hakim Hospital, Tehran, Iran. Arch Iran Med. 2007 Jan;10(1):1-6.
*⁴ ‘Twelve-year clinico-therapeutic experience in pemphigus: a retrospective study of 54 cases.’
Mahajan VK, Sharma NL, Sharma RC, Garg G.
Department of Dermatology, Venereology & Leprosy, Indira Gandhi Medical College, Shimla, India. Int J Dermatol. 2005 Oct;44(10):821-7.
*⁵ ‘Inhibition of gluconeogenesis through transcriptional activation of EGR1 and DUSP4 by AMP-activated kinase.’
Berasi SP, Huard C, Li D, Shih HH, Sun Y, Zhong W, Paulsen JE, Brown EL, Gimeno RE, Martinez RV.
Department of Biological Technologies, Wyeth Research, Cambridge, Massachusetts 02140, USA. J Biol Chem. 2006 Sep 15;281(37):27167-77. Epub 2006 Jul 18.

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